Medici "no-vax" nel Gruppo vaccini del ministero, lo sconcerto degli scienziati
Bufera sulla decisione di inserire nel Comitato due «soggetti con tesi antiscientifiche», al via una petizione contro. I medici della Fnomceo: «La nostra assenza dal Comitato? Un privilegio»

Se i vaccini, al pari di un farmaco immunoterapico, di un intervento chirurgico o di un esame radiologico, sono scienza, allora chi ne avversa l’utilizzo non può far parte di consessi fondati su di essa. È la posizione assunta dalle società scientifiche, dal mondo accademico e dagli operatori sanitari italiani, a fronte delle nomine del ministero della Salute che, nel rinnovare la composizione del Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni (Nitag), ha scelto di includere anche due nomi, Paolo Bellavite ed Eugenio Serravalle, che, come afferma il Patto trasversale per la scienza (Pts) «sono noti per aver espresso pubblicamente posizioni ideologiche e antiscientifiche nei confronti dei vaccini, in particolare contro quelli pediatrici e anti-Covid». Le nomine rappresentano quindi «un grave segnale di legittimazione di teorie antiscientifiche, con potenziali effetti molto preoccupanti per la salute pubblica».
In passato, precisa il Pts, i due medici «hanno pubblicato e promosso contenuti pseudoscientifici, mettendo in dubbio la sicurezza e l’efficacia dei vaccini, e sostenendo teorie prive di fondamento». Per questo il Patto, lanciando anche una petizione su change.org, chiede la revoca delle due nomine, ribadendo «la necessità che gli organi consultivi dello Stato siano composti da figure con comprovata adesione al metodo scientifico e piena fiducia nell’efficacia delle vaccinazioni, uno degli strumenti più importanti di sanità pubblica». Non va per il sottile neanche il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, che firma una nota, a nome «di tutti i presidenti degli Ordini dei medici» del Paese. «Al fine di far prevalere le ragioni della scienza nell'interesse supremo della tutela della salute pubblica», Anelli invita il governo ad una «revisione della composizione del Nitag; condizione irrinunciabile perché ci possa essere un eventuale contributo diretto della Fnomceo. Al contrario, stando così le cose la nostra assenza appare più un privilegio che un'esclusione». Essere esclusi dal Gruppo tecnico, si legge in una nota, «è apparso come la mancanza di riconoscimento e la non condivisione del nostro impegno. L'attuale composizione del Nitag, poi, non tiene conto di alcune figure che sarebbero risultate estremamente utili per le strategie di prevenzione vaccinale, mentre altre destano francamente forti perplessità per la professata incoerenza con le evidenze scientifiche».
Durissima la nota della Società italiana di Igiene, Medicina preventiva e Sanità pubblica (SItI), il cui presidente, Enrico Di Rosa, parla di «profonda contrarietà e sconcerto» per la decisione presa dal dicastero guidato da Orazio Schillaci. «La presenza di soggetti che hanno attivamente contribuito alla diffusione di disinformazione in tema vaccinale - incalza Di Rosa - rischia di produrre un grave danno comunicativo e culturale, legittimando posizioni antiscientifiche e minando la fiducia dei cittadini».

La SItI, che pur valuta positivamente l’inserimento nel Gruppo «di un nutrito gruppo di igienisti e specialisti di sanità pubblica», lamenta però l’assenza, dallo stesso, di una «adeguata rappresentanza dei responsabili dei servizi vaccinali dei Dipartimenti di prevenzione». Proprio come fanno i neonatologi. Che, per bocca del presidente della Sin (Società italiana di neonatologia), Massimo Agosti, non lesinano critiche al ministero per scelte che destano «seria preoccupazione». Agosti sottolinea che il Nitag, «in quanto organismo tecnico-scientifico, deve basare le proprie decisioni su evidenze scientifiche. L'inserimento di componenti che sostengono tesi contrarie a tali evidenze mina l'immagine della professionalità e dell'autorevolezza del Comitato, rischiando di diffondere disinformazione e indebolendo la fiducia dei cittadini, in particolare dei genitori dei nostri piccolissimi pazienti». Chi la fiducia nel Comitato (e in chi lo ha nominato), l’ha già persa, è Francesca Russo, dirigente del dipartimento Prevenzione della Regione Veneto, figura centrale della campagna contro il Covid, e inserita nel Nitag: «Rifiuto la nomina», scrive al ministero, perché nel gruppo «sono presenti componenti che hanno più volte espresso posizioni non coerenti con le evidenze scientifiche in materia di vaccinazioni, arrivando in alcuni casi a sostenere o diffondere messaggi contrari alle strategie vaccinali nazionali». Una decisione che sta suscitando la convinta approvazione di non pochi rappresentati istituzionali della sua regione, a partire dal leghista Luca Zaia: «È stata non solo determinante, non solo un pilastro durante il Covid in Veneto e uno dei miei bracci destri - le parole del governatore -, ma anche un punto di riferimento per l'Italia, indicata dalle Regioni in diversi tavoli nazionali».
Che i vaccini non godano propriamente di buona reputazione nell’esecutivo di Giorgia Meloni - premier in testa - non è certo un segreto. Fece discutere, e non poco, la decisione del governo di reintegrare in anticipo i medici e il personale sanitario non vaccinati contro il virus Sars-CoV-2 che causa il Covid-19, accreditandone così il comportamento. Molto più recentemente, l’Italia, dopo l'astensione dal Trattato pandemico globale del 2024, ha respinto, con altri 10 Paesi, gli emendamenti al Regolamento sanitario dell’Oms per la gestione comune delle nuove pandemie. Decisione in linea con gli Usa, che hanno appena bloccato finanziamenti per 500 milioni di dollari per la ricerca sui vaccini a mRna - quelli che ci hanno salvato dal Covid-19 -, e che vogliono addirittura uscire dall’Oms. Con Washington - che per l’Italia resta un modello da seguire -, e con Roma, hanno votato contro il Regolamento Oms Paesi come Iran, Israele e Russia. Come dire: se arriva un’altra pandemia, ognuno vada per conto suo. Non la pensano così, però, le 124 nazioni che hanno votato sì al Piano Oms e che sono pronte a fare squadra in caso di ulteriori emergenze.
Una notizia, quest’ultima, che l’ex direttore generale dell’Irccs “Spallanzani” di Roma, e direttore per la Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia, qualche giorno ad Avvenire bollava come «un errore al quale si può e si deve porre rimedio. L’Italia non può assolutamente isolarsi. Al contrario: dobbiamo collaborare con il mondo per fronteggiare le grandi emergenze sanitarie».

In questo contesto è quasi superfluo ricordare quanto diceva il sottosegretario al ministero della Salute, Marcello Gemmato (Fratelli d’Italia) nel 2022, quando, commentando le politiche di salute pubblica messe in atto nella pandemia e la scelta di vaccinare il Paese, osservava che «questi grandi risultati non li vedo raggiunti». Anzi, sull’efficacia dei vaccini «non abbiamo l’onere della prova inversa». Fino all’incredibile finale: «Ma io non cado nella trappola di schierarmi a favore o contro i vaccini». Affermazioni che fanno a pugni con la scienza. Ma che non hanno smosso i suoi “superiori”. Gemmato è rimasto al suo posto.
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