Il grido d'allarme di Salgado per i ghiacciai aggrediti dalla crisi climatica

A Rovereto fino al 21 settembre l'esposizione inedita che il fotografo brasiliano ha preparato per MART, MUSE e Trento Film festival. Drammi in bianco e nero per denunciare l'agonia di luoghi simbolo
May 1, 2025
Il grido d'allarme di Salgado per i ghiacciai aggrediti dalla crisi climatica
© Sebastião Salgado/Contrasto | Il ghiacciaio Perito Moreno, Campo de Hielo, Patagonia, Argentina, 2007
​Un accorato grido di denuncia. Contro la crisi climatica che sta sconvolgendo il Pianeta, contro l’innalzamento delle temperature causato dall’uomo che colpisce ecosistemi ed economie. A cominciare dagli indicatori chiave del riscaldamento: i ghiacciai, ormai non più perenni.
E “Ghiacciai” è il titolo della mostra inedita di fotografie di Sebastiao Salgado, fino al 21 settembre 2025 al MART, il Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto. L'allarme del maestro della fotografia, che da decenni ha messo la sua arte al servizio delle cause sociali e ambientali, prende forma in 54 grandi fotografie – quasi tutte, 50, inedite – che Lélia Wanick Salgado ha selezionato dagli archivi del marito, appositamente per questa mostra. Rigorosamente nel solenne bianco e nero che l’artista ha adottato da decenni: «Se una foto è a colori – ama dire l’artista nato nel 1944 a Minas Gerais - rischi di guardare i colori senza vedere che cosa c’è nell’immagine».
Gli iceberg sono pezzi di ghiacciaio che si staccano e vanno alla deriva nel mare. Isole Sandwich Australi, 2009 - © Sebastião Salgado/Contrasto
Gli iceberg sono pezzi di ghiacciaio che si staccano e vanno alla deriva nel mare. Isole Sandwich Australi, 2009 - © Sebastião Salgado/Contrasto
Il fotografo, che da anni vive a Parigi, ha col capoluogo trentino un legame particolare. Qui a Trento fa stampare i cataloghi delle sue mostre. E col Trento Film Festival è da tempo in contatto: una sua foto è la locandina dell’edizione di quest’anno della rassegna. Così per il 2025, dichiarato dalle Nazioni Unite Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai, Trento Film Festival, il MUSE, museo delle scienze di Trento, e il MART di Rovereto gli hanno chiesto se voleva allestire una galleria di immagini da tutto il mondo per raccontare l’agonia dei giganti del gelo. E il maestro ha acconsentito con entusiasmo.
La mostra è una carrellata di fotografie potenti - esposte nei grandi spazi del capolavoro architettonico realizzato nel 2003 da Mario Botta - che raccontano i ghiacciai della Penisola antartica, del Canada, della Patagonia, dell’Himalaya, della Georgia del Sud e della Russia. Immagini che rinunciano al colore per raccontare la malattia – terminale, secondo molti scienziati – dei luoghi che per millenni hanno conservato nelle bolle di aria intrappolata i dati e le storie dell’atmosfera. Ma anche gli animali e gli umani – da Otzi, la mummia del Similaun, ai militi ignoti della Grande guerra – che ora emergono dal lentissimo scorrere di coltri glaciali sempre più sottili.
Un ghiacciaio ai piedi del Cerro Torre, della Torre Egger e della Punta Herron, cime situate in Patagonia al confine tra Cile e Argentina, 2007 - © Sebastião Salgado/Contrasto
Un ghiacciaio ai piedi del Cerro Torre, della Torre Egger e della Punta Herron, cime situate in Patagonia al confine tra Cile e Argentina, 2007 - © Sebastião Salgado/Contrasto
Anche qui, su queste Dolomiti che incorniciano Rovereto. Come il ghiacciaio del Careser del gruppo Ortles-Cevedale in val di Pejo, che dal 1967 a oggi ha perso circa 60 metri di spessore. Uno studio del 2021 ha dimostrato che, dagli anni ’80, la criosfera ha perso ogni anno 87 mila chilometri quadrati.
Sono dunque scatti drammatici e dai toni spesso cupi - sotto cieli nuvolosi e plumbei - di masse frammentate, di iceberg alla deriva, di candori sporcati dalle polveri eruttive che accelerano il riscaldamento riducendo il potere riflettente del ghiaccio ingrigito. Panorami in via di estinzione, luoghi fondamentali di regolazione del ciclo idrogeologico e del clima globale (il bianco riduce il riscaldamento solare della terra), da cui dipendono nelle pianure l’approvvigionamento di due miliardi di persone e di due terzi dell’agricoltura.
Gli iceberg sono pezzi di ghiacciaio che si staccano e vanno alla deriva nel mare. Tra l’Isola Bristol e l’Isola Bellingshausen, Isole Sandwich Australi, 2009 - © Sebastião Salgado/Contrasto
Gli iceberg sono pezzi di ghiacciaio che si staccano e vanno alla deriva nel mare. Tra l’Isola Bristol e l’Isola Bellingshausen, Isole Sandwich Australi, 2009 - © Sebastião Salgado/Contrasto
Alle 54 grandi foto in esposizione a Rovereto si aggiungono altre 10 al MUSE di Trento
, letteralmente sospese nel “grande vuoto” che attraversa tutti i piani dell'edificio, tra gli animali tassidermizzati di quei climi freddi. Queste saranno visibili fino all’11 gennaio 2026. Sulle pareti delle sale del MART, dipinte di blu come da richiesta dell'autore, le grandi immagini stampate a Parigi mostrano una grana da pellicola che dà consistenza e matericità alle luci e alle ombre, una cifra stilistica analogica cui Salgado tiene molto, retaggio dei reportage precedenti all’era dei pixel. Le foto digitali, una volta desaturate, vengono stampate, poi rifotografate su pellicola, quindi nuovamente stampate per le esposizioni.
Spiega Gabriele Lorenzon, uno dei curatori del Mart che ha collaborato all’installazione: «In esposizione sono mescolate fotografie di ghiacciai diversi, perché questa non vuole essere solo una carrellata di bei paesaggi, ma di situazioni di emergenza disseminate in un Pianeta alla deriva. Salgado è il fotografo che da sempre porta avanti un suo impegno sociale. La sua è un’arte politica. Opere che tendono al bello e alla perfezione, ma sono comunque strumenti per parlare dei temi che gli stanno a cuore». Negli anni ’90, in una grande proprietà ereditata in Basile e quasi desertificata, ha condotto con successo una grande riforestazione piantando 2,7 milioni di alberi. Per dimostrare concretamente, se mai ce ne fosse bisogno, che contrastare la crisi climatica è ancora possibile.

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