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Il Brunello brinda contro la crisi

Andrea Zaghi sabato 11 febbraio 2012
In tempi di crisi, vince a sorpresa il lusso. Anche nell'agroalimentare o, meglio, in uno dei comparti d'eccellenza che anima la filiera nazionale: quello del vino. Così sembra a leggere alcuni dei dati di consuntivo 2011 sulle vendite di Brunello di Montalcino di qualche giorno fa. Numeri che indicherebbero un settore fiorente, in barba alle Cassandre e alle previsioni più nere. La realtà è naturalmente diversa, ma l'andamento positivo di alcuni prodotti indica la diversificazione del comparto e soprattutto possibili esempi da imitare.
Stando a quanto reso noto dalla casa vitivinicola Marchesi de' Frescobaldi, sulla base di un'indagine realizzata dall'istituto Ispo, pare che nonostante la crisi economica, un buon vino rimanga per molti una giusta gratificazione: 1 italiano su 5, specie gli uomini compresi tra i 25 e 34 anni, sono disposti a fare sacrifici pur di acquistare una bottiglia di vino prestigioso. L'esempio sarebbe proprio il Brunello: vino da ricchi senza dubbio, che nel 2011, tuttavia, ha spopolato con una produzione che è passata da 8,3 milioni di bottiglie a 9,3. E non solo. Per gli italiani il Brunello è fra le etichette più amate e, soprattutto, viene equiparato ad altri simboli della "buona italianità" come il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Mario Monti, oltre che Roberto Benigni.
Certo, a contrapporsi a queste indicazioni ci sono altri numeri e altre analisi. Per l'Ismea (l'Istituto che segue l'andamento dei mercati agricoli e dei diversi comparti alimentari), il 2011 è stato caratterizzato da una «produzione in frenata per diversi comparti agricoli e consumi interni ancora al palo». Tutto mentre, sempre stando a Ismea, il clima dell'industria alimentare nel 2011 è risultato abbastanza al ribasso. Niente entusiasmi, quindi, ma anzi un «minor grado di utilizzo degli impianti aziendali» e una «leggera contrazione del periodo di produzione assicurato dagli ordini in portafoglio». Secondo gli operatori potrebbe andare meglio quest'anno, ma il mercato alimentare è talmente bizzoso che pochi si azzardano a effettuare previsioni di lungo periodo. Anche considerando che proprio la domanda alimentare è costituita da un assortimento molto esteso di prodotti e a livelli di prezzo diversissimi.
Rimane, tuttavia, l'esempio del Brunello di Montalcino. Un vino che è diventato un territorio, che a sua volta è diventato un vino e alla fine un fenomeno di marketing e mercato conosciuto in tutto il mondo. Questione di capacità produttiva e di qualità tecnica delle coltivazioni, ma anche di intuizioni azzeccate che hanno lasciato il segno. Se, infine, è difficile trasferire il modello di sviluppo del Brunello ad altri prodotti agroalimentari - soprattutto se si parla di quelli a larga diffusione e indifferenziati -, l'insegnamento che arriva dalla capacità di coordinamento e di lavoro comune di un intero territorio può però indicare una strategia che vale un po' per tutto l'agroalimentare nostrano.