Opinioni

Promesse da fantascienza. Algoritmi, macchine e forza della politica

Massimo Calvi venerdì 12 gennaio 2018

Chi ha la sensazione che la campagna elettorale in corso in Italia assomigli a una gara a chi promette di più, senza alcun collegamento con la sostenibilità economica e sociale della misura che propone, per non dire della sensatezza della promessa, può cogliere in questa rincorsa al consenso un lato positivo: il fatto che in assenza di un sussulto di razionalità, questa potrebbe essere l’ultima campagna elettorale gestita dagli esseri umani. E non sarebbe una pessima notizia.

Se guardiamo infatti a quanto l’intelligenza artificiale e gli algoritmi sono avanzati nella gestione di molte attività che interessano da vicino la nostra vita, non è escluso che programmi e proposte della prossima tornata elettorale vengano scritti direttamente dalle macchine. Ed è persino possibile che gli effetti siano più precisi e le idee più solide. I libri che leggiamo, i film che guardiamo in streaming, le previsioni del tempo cui ci affidiamo, le informazioni o le pubblicità che ci appaiono, le strade che scegliamo… tutte queste cose e molte di più sono già frutto di elaborazioni di grandi quantità di dati a opera delle macchine. Anche gran parte delle scelte sui mercati è frutto di decisioni non umane.

In questi giorni il titolo di un’azienda ha preso il volo in Borsa perché i programmi che traducono le notizie in investimenti hanno letto in un comunicato una parola che la collegava ai Bitcoin, la moneta digitale capace in questo periodo di trasformare in oro molto di quello che tocca; un altro valore di mercato invece è crollato perché gli stessi programmi hanno confuso il nome di un progetto fallito con quello di un Capo di stato africano. Gli stessi Bitcoin, come tutte le criptovalute in circolazione, stanno gonfiando una bolla finanziaria a causa di un processo che pare difficile contrastare: il trasferimento di quote di fiducia maggiori verso le macchine e l’intelligenza artificiale che non verso le attività umane.

Anche l’auto che si guida da sola risponde a questa logica. Tantopiù che l’analisi dei big data può ormai arrivare a prevedere la possibilità che si verifichino incidenti stradali o, come nei migliori film di fantascienza, che si compia un crimine. Se le macchine possono già fare molte cose meglio degli esseri umani, perché non dovrebbero potersi sostituire all’attività politica? Nella "filosofia" dei big data, come si vede nel caso delle scelte di investimento irrazionali, è contemplata e accettata la possibilità che si manifestino errori, i quali diventano però irrilevanti a fronte della grande quantità di informazioni corrette. Nel suo primo romanzo di fantascienza, "Solar Lottery", del 1955, il visionario Philip K. Dick già immaginava un sistema di governo dipendente dai numeri e dalla sorte.

La cosa difficile da prevedere era che in futuro si sarebbe arrivati quasi ad auspicare – come stiamo facendo oggi in chiave paradossale e liberatoria – l’intervento delle macchine per restituire alla democrazia la dimensione della credibilità. Per spiegarci meglio: se fosse interamente affidata agli algoritmi la campagna elettorale potrebbe ancora fornire idee 'curiose' o con fragili fondamenta. Una certa dose di populismo è sempre stata necessaria alla politica e nell’era dei social network è diventata ancora più inevitabile. Non è cioè escluso che anche un’intelligenza artificiale possa avanzare la proposta di uscire dall’euro un giorno per rientrarci il giorno dopo, di abolire le tasse e contemporaneamente incrementare il welfare, di eliminare il debito pubblico oppure di mettere fuorilegge i vaccini. Il fatto è che nella logica dei big data si tratterebbe di "errori" marginali rispetto alla enorme quantità di proposte con una visione di futuro solida e sostenibile, ciò che invece oggi sembra mancare.

Il timore è che non sia una prospettiva infondata. L’idea di una macchina del consenso affidata agli algoritmi può solo essere disinnescata da una classe politica capace di dimostrare il valore dell’intelligenza umana rispetto a quella artificiale, e la superiorità della passione per il bene comune rispetto all’interesse personale immediato. Siamo del tutto certi che questo è ancora possibile. Anche perché l’incubo successivo a quello di una campagna in mano ai computer riguarda la possibilità che le macchine rendano superfluo andare a votare.