mercoledì 5 marzo 2014
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«In questi libri abbiamo detto chiaramente che la fede cristiana è stata introdotta in Cina dal medesimo Apostolo». Così scriveva, nel XVII secolo, padre Nicolas Trigault, missionario e letterato francese, autore di una celebre traduzione della cronistoria della spedizione gesuita in Cina scritta dal confratello Matteo Ricci.Ebbene, l’apostolo di cui parla Trigault è niente meno che san Tommaso. Passato alla storia come l’incredulo per definizione, colui che ha avuto bisogno di una prova visibile (anzi: tattile) per credere nel Signore, Tommaso – stando alle ultime ricerche – si sarebbe trasformato in un evangelizzatore formidabile, capace non solo di raggiungere l’India (credenza, questa, fondata su un’antichissima tradizione, tant’è che si parla dei primi fedeli di quella terra come dei «cristiani di san Tommaso»), ma addirittura di arrivare agli estremi confini: in Cina.A dar man forte a quest’ultima, clamorosa ipotesi, è uno studioso francese, Pierre Perrier, autore di un volume che già dal titolo avanza la sua tesi esplosiva: L’apôtre Thomas et le prince Ying (Kong Wang Shan): L’évangélisation de la Chine de 64 à 87. Invero, non è certo facile stabilire con sicurezza assoluta se la messe di elementi raccolti permetta di attribuire senza ombra di incertezza all’apostolo dubbioso il merito della prima introduzione del cristianesimo nel Regno di mezzo. Quello che, invece, non è difficile intuire è la portata della questione, per nulla accademica.Se, infatti, davvero la Cina fosse stata evangelizzata da Tommaso, ne deriverebbe che quella che universalmente è considerata una terra ostile alla Buona Novella sarebbe da salutare come una Chiesa apostolica a tutti gli effetti. Non solo: verrebbe definitivamente a sbriciolarsi uno dei capisaldi della propaganda comunista, che vuole la fede cristiana introdotta a forza nell’Ottocento, sulla scia delle potenze coloniali europee che in Cina si macchiarono di errori e misfatti.Ma su cosa si basano i nuovi studi? Il volume di Perrier è imperniato sull’interpretazione in senso cristiano di alcuni bassorilievi ritrovati su una parete rocciosa a Kongwang Shan, vicino a Lianyangang (a nord di Shanghai), collocata sul tracciato che congiungeva le capitali dell’impero Han, ovvero Xi’an e Luoyang. Tali bassorilievi, databili con una certa precisione intorno al 70 d.C. sulla base di documenti dell’Impero, erano stati scoperti e studiati nei primi anni Ottanta da un team di ricercatori dell’università di Nanchino. A lungo i 150 personaggi ritratti sono stati interpretati come prova dell’ingresso del buddhismo in terra cinese. Perrier, invece, avanza una lettura inedita di tre delle figure umane raffigurate, che rappresenterebbero – secondo lo studioso francese – un apostolo con una croce, un suo discepolo a fianco con la mano alzata in segno di giuramento e una donna con un bambino in braccio.In una scultura del suddetto bassorilievo si potrebbe addirittura individuare il «qof», segno giudeo- cristiano che rimanda al bastone di Mosè nel deserto per salvare gli ebrei colpiti dai serpenti ed è anche la prima lettera di qyamtha, termine aramaico che significa «resurrezione». La compresenza di questi due elementi indicherebbe che la persona rappresentata nel bassorilievo era un cristiano che predicava in aramaico, il che avvalorerebbe l’identificazione con Tommaso. La stele di fondazione del tempio, inoltre, che parla di «due missionari dell’Ovest, Moten e Zufalan, portando con loro 42 scritti su un cavallo bianco», farebbe riferimento non a due monaci buddisti provenienti dall’Afghanistan, ma all’apostolo Tommaso stesso (Mar Thoman, in aramaico) e al suo interprete (Shofarlan).Già alcuni anni fa Perrier aveva indagato in questa direzione, facendo convergere indagini archeologiche, tradizioni consolidate, studi storici e analisi linguistiche in un volume dal titolo Thomas fonde l’Eglise en Chine, scritto a quattro mani con Xavier Walter. La novità di questo secondo libro è che presenta i risultati del lavoro di un gruppo multidisciplinare internazionale, coordinato dall’autore. Conclusione: il tema del fregio è la predicazione iniziale del Vangelo di Tommaso.
Venuto in Cina via mare, dal sud dell’India nel 65 d.C. su richiesta dell’imperatore Mingdi, sarebbe stato accolto dal principe Ying. Questa tesi è solo in apparenza provocatoria, a sentire Perrier. Egli infatti – lo ha fatto anche nel libro precedente – documenta una radicata tradizione nel cristianesimo orientale, che indica una permanenza di Tommaso in Cina prima dell’approdo finale in India, dove sarebbe stato martirizzato. È documentata del resto l’esistenza di una comunità di 7000 ebrei a Xi’an, l’antica capitale dell’impero, e la presenza di sinagoghe ben prima del cristianesimo: una rete di cui Tommaso si sarebbe servito nella sua missione evangelizzatrice.Padre Jean Charbonnier, delle Missions étrangères de Paris, uno dei più autorevoli esperti mondiali della storia cristiana in Cina, è più che possibilista sui risultati di questi nuovi studi. Lo ha espresso chiaramente nel corso di un simposio sulla vexata quaestio tenutosi nel 2012, promosso dalla sezione francese di «Aiuto alla Chiesa che soffre». In passato aveva dichiarato: «Il famoso tempio del Cavallo a Luoyang è considerato il primo santuario del buddhismo in Cina, ma l’archeologia consente di rilevare la presenza anteriore di un vasto edificio che potrebbe essere una chiesa».Ora si spinge ancora più in là, tant’è che al quotidiano cattolico francese La Croix ha detto: «L’ipotesi di Perrier è molto interessante e si inserisce dentro la lunga tradizione missionaria di inculturazione del cristianesimo in Cina».
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