giovedì 30 marzo 2017
Ciò che avvicina gli amici, quello che li lega l'un l'altro, è la scoperta di un'affinità interiore, puramente gratuita ma abbastanza forte da far persistere nel tempo l'affetto, la complicità, la relazione e la cura. Se volessimo spiegare che tipo di affinità è questa, non sapremmo farlo. E questo è vero tanto nell'amicizia anonima che, per esempio, due ragazzini dello stesso rione stanno abbozzando ora, come in quella di Montaigne per Étienne de La Boétie, che portò il primo a scrivere: «Nell'amicizia di cui parlo, le anime si mescolano e si confondono l'una con l'altra con un connubio così totale da cancellare e non ritrovar più la connessura che le ha unite. Se mi si chiede di dire perché l'amavo, sento che questo non si può esprimere se non rispondendo: "Perché era lui; perché ero io"». Non c'è ragione valida che spieghi un'amicizia vera e duratura al di fuori di questo «perché era lui; perché ero io». Il resto non ha importanza.
L'amicizia è una sorta di fraternità dove noi scegliamo. Gli amici sono sorelle e fratelli per la vita; presenze a ogni ora della vita; baluardi discreti, ma irremovibili; compagni di viaggio, anche quando non sono fisicamente al nostro fianco. Gli amici parlano una lingua tutta loro: gli basta mezza parola per afferrare tutto. A volte, un solo sguardo è sufficiente loro per capire quanto si muove dentro di noi.
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