Oggi contro le vittime c'è una strana congiura che invoca il silenzio
venerdì 23 marzo 2018
Il culto della forza è un pessimo consigliere. Se c'è una forza degna di essere coltivata, incoraggiata, accresciuta, è la forza che non teme la forza, che resiste alla sua suggestione, che la neutralizza con ferma e costante capacità di non farsene contagiare raddoppiandola con una reazione uguale e contraria. Qualche anno fa un critico letterario ispirato da un sinistro gusto del paradosso, Daniele Giglioli, pubblicò un piccolo libro con un titolo a effetto: Critica della vittima. A chi potrebbe venire in mente di criticare le vittime? Chissà come e perché, titolo e libro piacquero molto anche a persone non sospettabili di ammirazione per la violenza o di disprezzo per le vittime. Questo fatto inquietante resta per me misterioso, ma non troppo. L'idolatria filosofico-morale di cui ha goduto un filosofo come Nietzsche è stata una delle più memorabili epidemie culturali del secondo Novecento. Nietzsche non sopportava né l'ironia di Socrate né il divino sacrificio che portò Gesù sulla croce. Alle origini, alle radici della malattia antivitale dell'Occidente ci sarebbero, secondo Nietzsche, proprio le vittime di quelle due ingiuste o criminali condanne a morte. Il loro sacrificio sarebbe una colpa contro l'amore amorale per la vita, nonché all'origine di un deleterio mito della vittima. In questi giorni si sono esibiti in tv alcuni ex terroristi politici degli anni Settanta o ex fiancheggiatori e teorici della violenza omicida, Brigate Rosse in primo piano. In questo gruppo politico di quegli anni, il marxismo bolscevico e un neostalinismo anarcoide presentavano tratti nietzschiani. I loro miti mentali, le loro idee fisse, erano: logica spietata e spietatezza pratica. Insomma quello che Albert Camus nel suo studio L'uomo in rivolta definiva omicidio filosofico, i cui prototipi letterari si trovano in Delitto e castigo e nei Demoni di Dostoevskij. Naturalmente, come diceva Marx, certi fenomeni si presentano prima in forma tragica e più tardi in forma farsesca. Ora, la ex brigatista Barbara Balzerani, una fra gli assassini di Aldo Moro, sembra echeggiare Critica della vittima di Giglioli. Ecco le sue parole, che trascrivo da Repubblica: «C'è una figura, la vittima, che è diventata un mestiere. Una figura stramba... C'è la vittima che ha il monopolio della parola» (18 marzo 2018). Queste frasi si commentano o dovrebbero commentarsi da sole. Stiano zitte, le vittime. Gli assassini festeggiano i loro libri autobiografici. Chi glieli pubblica? Chi li invita in tv?
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