giovedì 14 giugno 2007
  Un uomo nell"arco di nove mesi della sua vita può pensare a molte cose, dalla più alta speculazione filosofica sino al più basso anelito per un piatto di minestra, in totale correlazione con lo stato di vacuità dello stomaco.Più di un lettore si sorprenderà per la citazione che ho proposto quest"oggi. Anzi, più che per il contenuto che registra un"indubbia verità, lo meraviglierà il fatto che in quest"oasi, spesso spirituale, abbiamo introdotto un personaggio mitico, un"icona "laica", un vessillo persino di lotta e guerriglia. Queste parole sono, infatti, tratte dagli Appunti di viaggio di Ernesto "Che" Guevara, protagonista della rivoluzione cubana con Castro e morto in Bolivia nel 1967 a 39 anni. Ciò non toglie che, al di là della connotazione materialistica, la sua considerazione abbia un fondo di verità. Certamente l"uomo non è solo ciò che mangia, come recitava la famosa battuta del filosofo tedesco ottocentesco Ludwig Feuerbach.Tuttavia la creatura umana, che è capace di grandiose intuizioni e creazioni della mente e dell"arte, che può ascendere fino alle vette della mistica, ha un legame profondo e intimo con la sua corporeità. Per questo dobbiamo riconoscere che nella storia vengono ogni giorno dissipate infinite energie intellettuali e spirituali proprio perché tantissimi uomini e donne sono ridotti a larve e muoiono per fame. Una persona affamata non solo non è libera ma è anche annientata nelle sue capacità interiori di creazione. Eppure noi siamo ormai assuefatti a tollerare questo scandalo, riducendoci solo a provare un brivido (e forse anche a cambiare canale) quando in televisione passano figure strazianti di denutriti. Noi occidentali, che abbiamo solo problemi di dieta, dovremmo più spesso mettere davanti ai nostri occhi i volti degli ultimi e dei miseri della terra.
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