mercoledì 8 marzo 2017
Da quanto non camminiamo per strada fischiettando, o non percorriamo scorciatoie silenziose con un filo d'erba tra le labbra, e basta, senza fretta né pretese, credendo semplicemente nel valore di essere? Da quanto non benediciamo i sentieri che non ci portano da nessuna parte e che, proprio per questo, ci danno la possibilità di stare, di vagare, di misurare il momento soltanto con il peso e la leggerezza del camminare stesso? Quando ci muoviamo da un luogo all'altro, siamo normalmente legati ai motivi che giustificano lo spostamento. Ma - dobbiamo riconoscerlo - un viaggio simile è troppo corto. Esiste un altro viaggio, che comincia solo quando le domande su quel che ci stiamo a fare lì smettono di interessarci. Siamo lì, punto e basta. Siamo venuti. Non è il sapere o l'utilità che lo definiscono, ma l'essere stesso, l'espressione profonda di sé. La vera sapienza non consiste insomma in una conoscenza previa, ma in qualcosa che si scopre abitando il cammino. Per questo vale la pena lasciarsi interrogare dai versi di Lao Tzu: «L'uomo, quando è vivo, è molle e tenero;/ quando è morto, è rigido e duro.// Perciò si dice: il rigido e il duro appartengono alla morte;/ il molle e il tenero appartengono alla vita».
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