venerdì 11 novembre 2022
Altre saranno più belle di lei, ma la signora Bathurst è una donna che non si dimentica. Basta sentire come ne parlano gli uomini che il caso ha raccolto in un avamposto alla periferia dell’Impero britannico. La veste di seta nera, la battuta pronta, la delicatezza di legare un nastro per capelli alla birra preferita da un certo cliente. Così l’hanno conosciuta a Auckland, in Nuova Zelanda, dove la signora Bathurst dirigeva un albergo piccolo e dignitoso. Non si aspettavano di ritrovarla in quel modo, durante un numero da fiera offerto con l’altisonante titolo di Le meraviglie della scienza. È il cinema ai suoi esordi, più vicino alla magia che all’arte. «Si sentiva come il ronzio di una dinamo – ricorda uno del gruppo –, ma le immagini erano il non plus ultra: vivide, animate». In quella sequenza di scene «prese dalla realtà» appare proprio la signora Bathurst, colta al suo arrivo in una stazione di Londra. Un altro della compagnia, Vickery, torna al lunapark cinque sere di fila, solo per rivedere quel volto che svanisce sullo schermo «come un’ombra davanti a una candela». Pubblicato per la prima volta nel 1904, La signora Bathurst è uno dei migliori racconti di Rudyard Kipling. Una tragedia d’amore raccontata per allusioni, e scatenata da un viso di donna intravisto al cinema. © riproduzione riservata
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