giovedì 8 luglio 2004
Accendi tutte le luci, prepara tutte le fiaccole, illumina la casa della tua anima. E' notte, ma l'alba è certa, vicina. Potrebbe giungere il tuo Signore e chiamarti con la voce che hai ascoltato fin da bambina. Non si spenga la tua lucerna, alimentala con la lunga pazienza del soffrire. Mentre scrivo queste righe è notte fonda. Vedo brillare nell'oscurità in modo nitido solo la Madonnina sulla guglia del Duomo di Milano, illuminata nella tenebra come una sentinella o come una stella polare. Scelgo, così, per la riflessione comune del giorno che tra non
molto si schiuderà alcune parole di Donata Doni (1913-1972). All'anagrafe aveva un nome comune meridionale, Santina Maccarone; la sua fu una vita tormentata dalla malattia e dal dolore. Scelse, allora, di chiamarsi con uno pseudonimo che illustrasse la sua fiducia di cristiana e iniziò a cantare nella poesia la sua speranza oltre la desolazione quotidiana. Ecco, allora, l'immagine di quella lucerna, eco della parabola matteana delle vergini prudenti, segno di attesa dell'alba in cui alla porta di casa si presenterà il Signore per convocarci alla sua mensa nuziale nel regno dei cieli. Ma ciò che tiene accesa la lampada, mentre scorrono le ore della veglia, è «la lunga pazienza del soffrire». Saper donare la sofferenza come sorgente di purificazione e di luce è un gesto arduo e faticoso ma è per questa via che sorge l'aurora pasquale della liberazione. Scriveva ancora Donata pensando a Cristo in agonia: «Tu solo sai come gravi sul cuore la preghiera nell'orto, quando gli alberi intendono la pena del nostro esilio"».
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