martedì 27 settembre 2005
Fra tutte le debolezze, la più grave è l"eccessiva paura di apparire deboli.La debolezza ha sempre rappresentato una tentazione a usare la forza.Sono distanti tra loro più di tre secoli, eppure si ritrovano nel fare una considerazione analoga due personaggi di natura diversa ma entrambi connessi alla politica. Trovo queste due frasi in un saggio sull"arte del governo nella storia dell"Occidente europeo. La prima è del vescovo francese Jacques-Bénigne Bossuet (1627-1704), nella sua opera dal titolo curioso Politica desunta dalle Sacre Scritture, ed è la registrazione di una tentazione tutt"altro che rara. Molti, infatti, credono di essere troppo deboli, incapaci di far valere le proprie ragioni, tolleranti nei confronti degli altri. E", questa, una debolezza che in realtà nasconde orgoglio e una punta di prevaricazione.Viene, così, allo scopo la seconda frase che è invece di un uomo politico americano ancor oggi vivente e che fu Segretario di Stato negli Usa, Henry Kissinger, il quale fa questa osservazione nell"opera autobiografica Gli anni alla Casa Bianca. Chi è debole e ha il terrore che si scopra questa sua realtà diventa aggressivo e, per nascondere la paura, ingaggia per primo lo scontro con esiti spesso catastrofici per tutti. Aveva ragione - ed è così il terzo politico che citiamo, il Cardinale di Retz - quando annotava nelle sue Memorie che «gli effetti della debolezza sono inimmaginabili, ancor più perniciosi di quelli delle passioni violente». C"è, dunque, una debolezza dalla quale dobbiamo guardarci e premunirci: essa non è sinonimo di mitezza e semplicità, ma è come brace che cova sotto la cenere, pronta ad esplodere in recriminazione e ribellione cieca, in orgoglio ed egoismo.
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