mercoledì 2 gennaio 2019
«Io non penso al mio bagaglio culturale come a qualcosa di “appreso”. Semplicemente ho avuto in sorte di appartenere all'ultima generazione che ha studiato latino, che ha letto Virgilio e che conosce la discesa agli inferi». Seamus Heaney, il grande poeta irlandese, Premio Nobel, scomparso pochi anni fa, è un esploratore dell'anima, come ogni poeta. Ma la sua esplorazione avviene “scavando”, per usare un suo termine e titolo: cerca la vita dell'erba e le polle d'acqua sotto il suolo, cerca, nella vita umana, la zona profonda, il passato che ci è sconosciuto, la voce e i volti e gli avi. La fratellanza tra i vivi e i morti, la presenza di voci nella nostra coscienza. Non siamo un arcipelago solo quando batte la campana a morto, ma anche quando si festeggia una nascita, un matrimonio, un compleanno. La cultura del mondo latino, passaggio da quello greco al futuro, non è erudizione accademica. Ma, sul modello di Virgilio, discesa agli inferi, vale a dire nel profondo. Scendere, alla ricerca della parte di noi che agisce nel sogno, nei momenti di visione che a tutti si manifestano, anche inconsapevolmente. Soprattutto, la cultura, che non può prescindere da nozioni che si apprendono, non è un insieme di nozioni, ma una tramatura della nostra anima, una tessitura della persona.
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