Il Novecento e la necessità di essere spiriti liberi
venerdì 12 aprile 2024
Consiglio un piccolo libro, un prezioso libro davvero minimo, Maestri. Dodici ritratti (le piccole pagine, pagine 82, euro 9,00) messo insieme da Gianni D’Amo ristampando tredici tessere dell’associazione piacentina CittàComune, nata nel 2006 e tuttora attiva. Ogni tessera annuale ricordava un autore da leggere e rileggere. E nel piccolo spazio di una tessera (circa venti centimetri per quattro) conteneva una foto dell’autore scelto, una sintetica biografia interpretativa e qualche citazione davvero memorabile. Gli autori sono: Simone Weil, George Orwell, Piero e Ada Gobetti, Elsa Morante, Beppe Fenoglio, Giacomo Matteotti, Pier Paolo Pasolini, Franco Fortini, Karl Marx, Rosa Luxemburg, Leone Ginzburg, Etty Hillesum. Io stesso, quando ancora non prevedevo che un tale opuscolo potesse essere realizzato, mi portavo dietro, in viaggio, alcune di quelle tessere per rileggerle e rifletterci. Sapevo che lo stesso Piergiorgio Bellocchio, per anni presidente dell’associazione, aveva collaborato alle scelte e alla singolare qualità di quelle tessere. Ogni volta che cerco di capire la natura di fenomeni attuali, mi rendo conto che nella loro sostanza sono meno nuovi di quanto può sembrare. Il Duemila non è comprensibile senza il Novecento. La sola cosa che oggi manca e di cui non si sente davvero la mancanza sono le ideologie rivoluzionario-totalitarie che promettevano la trasformazione totale dell’uomo e della società, mentre l’obiettivo immediato era il controllo mentale di ogni individuo annegato in una massa indottrinata che soffocava ogni libertà di pensiero. Il solo ritratto incluso nelle tessere di CittàComune appartenente all’Ottocento è Marx. Ma ora l’avvertenza conclusiva di D’Amo è questa: «non è a Marx che si deve guardare oggi per cambiare il mondo, che inesorabilmente si trasforma da sé: ma per ricominciare a capirlo sì», dato che la fede nel comunismo è crollata, mentre il capitalismo non ha affatto smesso di partorire disastri ambientali, sociali e culturali. Ad averlo capito presto sono stati soprattutto due autori, appunto Simone Weil e George Orwell. Scrive la Weil: «Quanto al movimento operaio, tutte le volte che ha saputo evitare la demagogia, ha fondato le rivendicazioni dei lavoratori sulla dignità del lavoro». E Orwell: «Tutte le persone che lavorano con le mani sono in parte invisibili e quanto più importante è il lavoro che compiono, tanto più invisibili diventano». Ed Elsa Morante: «In mancanza di compagni o di seguaci, di ascoltatori o di spettatori, lo spirito libero è tenuto alla sua lunga marcia lo stesso, anche solo di fronte a sé stesso e dunque a Dio. Niente va perduto». © riproduzione riservata
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