venerdì 1 maggio 2020
Dopo un tg, nel pomeriggio la tv resta accesa, senza che nessuno la guardi. Ma, distratta, alzo gli occhi, e non riesco più a staccarli. Non avevo mai visto quei documentari della Bbc girati con telecamere mimetizzate nella giungla, o fra i ghiacci del Polo. Telecamere a forma di rocce, tronchi, o tartarughe, o pinguini. Che con assoluta discrezione spiano la fauna selvatica senza spaventarla, senza interferire con la vita dei branchi. Una cosa straordinaria: vedi giocare i leoncelli bambini, e come i pinguini scavano nella neve un nido per attirare una femmina, che vi deponga le uova. Mi viene in mente il Libro di Giobbe: «Sai tu quando figliano le camozze, e assisti al parto delle cerve?»… «Vieni, guarda», dico alla figlia, e anche lei si ferma davanti allo schermo, incantata.
Ma ciò che mi colpisce di più, è un branco di giraffe. Una compagna giace morta nella savana, forse di vecchiaia. La cosa sbalorditiva è che il branco, ignaro della telecamera nascosta, converge verso la sorella immobile sull'erba, e a decine le si fermano attorno, e rimangono immobili a osservarla. Muovono leggermente i lunghi colli eleganti, si chinano verso terra, la guardano con i grandi occhi miti. Il sole cala ed è il tramonto, rosso fuoco: le giraffe, in circolo, ancora vegliano la compagna. Osservano, si direbbe, con stupore la loro simile, che il giorno prima correva insieme a loro. Incredibile, eppure la telecamera lo testimonia: il branco, nella notte che cala, sembra in lutto. Allora penso ai nostri morti lombardi, portati via a centinaia coi camion, senza funerali. Il tempo dovuto ai morti, nell'epidemia cancellato: quel tempo del lutto, che è indispensabile a chi rimane. Talmente iscritto nel codice della vita che, scopro, misteriosamente se ne vede eco anche in un branco di animali selvaggi. (L'orma di Dio troppo grande, per non lasciare traccia in ogni sua creatura).
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