Il dialogo, un'arte ostacolata dai partiti?
venerdì 1 maggio 2020
Dagli scaffali delle nostre biblioteche personali, vecchi libri ci guardano forse aspettando che ci ricordiamo di loro. In questo periodo mi sono accorto che di solito preferisco rileggere libri che ho già letto, che anni prima mi ripromettevo di leggere o che ho iniziato ma non portato a termine. Chi potrebbe negare che nella gara di qualità fra libri vecchi e libri nuovi, i nuovi non siano assolutamente svantaggiati? Senza parlare dell’intera storia della cultura scritta, i libri pubblicati nei cinquant’anni fra il 1920 e il 1970, non sono forse migliori di quelli usciti nell’ultimo mezzo secolo? Quando dal 1992 al ‘93 l’amico Piergiorgio Bellocchio tenne sull’Unità una rubrica dedicata a “Vecchi libri”, sembrò che la sua dichiarata distanza dal presente fosse un po’ eccessiva. I libri di cui parlava, però, oltre che vecchi erano anche introvabili da troppi anni e la sua polemica era rivolta contro editori già allora sempre più privi di memoria e senso del passato. Fra i vari libri che recentemente mi hanno inviato tacite richieste di attenzione, oltre a Miti e misteri di Kerényi, La rinascita del paganesimo antico di Warburg, Cristianesimo primitivo e paideia greca di Jaeger, c’è un libro più contingente di Guido Calogero del quale, quando ero all’università, seguii le lezioni sui presocratici, i sofisti, Socrate e la dialettica di Hegel. Si tratta di Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo. Amico di Aldo Capitini, di Norberto Bobbio e del più giovane Carlo Azeglio Ciampi, Calogero è stato sia il filosofo del dialogo come strumento della logica che teorico del liberal–socialismo. In un saggio del 1944 scritto per aiutare i giovani antifascisti a discutere democraticamente si legge che «la democrazia è una maniera di comportarsi» e che «non c’è la democrazia o la non–democrazia, c’è l’uomo che agisce più o meno democraticamente». La prima regola della discussione democratica è saper ascoltare prima di saper parlare, è «il tener conto degli altri». La vera dialettica è «conversazione organizzata». C’è tuttavia un punto che sembra trascurato da Calogero: il ruolo antidialogico che esercitano i partiti. C’è dialogo se si è disposti a cambiare idea dopo aver ascoltato. Ma questa è una cosa che l’appartenenza a un partito ostacola fino a renderla impossibile. Diciamo perciò che la partigianeria partitica è un grave intralcio al comportamento democratico.
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