venerdì 6 settembre 2002
  Il buon senso c"era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune.E" un lettore di Monza a farmi notare che non ho mai proposto questa famosa frase dei Promessi Sposi di Manzoni. Giustamente lo scrittore distingueva tra «buon senso» e «senso comune» mettendoli in contrasto. Il primo, infatti, potrebbe essere ricondotto all"idea di «sapienza». È, infatti, la capacità di esaminare persone, cose ed eventi con criterio e giudizio. E" la dote del discernimento e dell"assennatezza, è l"evitare gli estremi passionali, è lo schivare la faziosità, è l"equilibrio nel sapere giudicare e così via. Si tratta di un dono prezioso che il cristiano deve implorare dallo Spirito Santo, sorgente appunto dei doni di sapienza e di consiglio.In agguato, però, c"è una sorta di scimmiottatura del buon senso, il «senso comune» che si ammanta delle caratteristiche di criterio, equilibrio, assennatezza sopra evocate; in realtà è, invece, luogo comune, banalità, grettezza, perbenismo, meschinità, ipocrisia. Il moralista francese del Seicento da noi spesso citato, La Rochefoucauld, nelle sue Massime descriveva così un aspetto di questo falso buon senso: «Raramente attribuiamo del buon senso ad altri, all"infuori di quelli che sono d"accordo con noi». Sì, perché il senso comune è spesso tirato in ballo a proprio vantaggio, è un mettere a proprio servizio la verità così da lasciarle le apparenze ma corrodendone la sostanza. Come Salomone nel giorno della sua incoronazione, chiediamo a Dio «un cuore che sappia sempre distinguere il bene dal male» (1 Re 3, 9). È questo il vero «buon senso».
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