domenica 23 aprile 2017
I figli non si pagano. Punto. Fine del dibattito.
Ogni volta che devo discutere di utero in affitto, inoltrandomi a colpi di machete nella selva oscura dei diritti contrapposti, dei distinguo morali, dei garbugli bioetici, sarei tentata di tagliare corto: "I figli non si pagano. (Grazie per essere intervenuti e buona serata a tutti)".
Eduardo De Filippo fa enunciare il principio cosmologico a Filumena Marturano, piccola grande madre universale. Se all'enunciato però posponi un "ma" avversativo ammettendo eccezioni, quella verità radicale ed elementare deflagra in una fratumaglia etica, in un pulviscolo giuridico che nessun diritto riuscirà più a ricondurre a unità e coerenza.
Perché l'unità madre-figlio/a non può essere territorio del diritto, né del mercato, né di alcuna altra diavoleria umana. L'intimità di quel legame è anzi lì a testimoniare l'esistenza in Terra di luoghi inviolabili perfino dal diritto, e sottratti ai mercanteggiamenti. È la prova vivente che i soldi non possono tutto, radice di ogni fiducia.
Post scriptum: i figli non si compravendono, ma nemmeno si regalano. Detto per chi si ostina a parlare di "dono". Come posso donare ciò che non è mio? E nessun essere umano può dire di un altro che è suo. C'è stato un tempo buio in cui era possibile, sì.
Ma se Dio vuole, quel tempo è finito.
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