Ho provato a chattare... col Padreterno
venerdì 17 giugno 2016
Se vi raccontassi che ieri ho "chattato" (cioè, ho chiacchierato via computer) con Dio, pensereste che sono pazzo o un provocatore senza il minimo rispetto in chi crede. Ma le cose stanno diversamente. In Rete si può davvero chiacchierare con Dio, ma si tratta di un esperimento sui cosiddetti chatbot e l'intelligenza artificiale. Niente di blasfemo o di irriverente.È dal 1950 che esiste il famoso test di Turing, in cui l'omonimo scienziato proponeva un criterio per determinare se una macchina sia in grado di pensare. Ed è dal 1966 – cioè da 50 anni – che il mondo digitale lavora su software (chatbot, appunto) in grado di conversare con gli utenti utilizzando un linguaggio così naturale da simulare quello di un essere umano. Il primo esperimento, datato appunto 1966, si chiamava Eliza. Da allora, ovviamente, le cose sono molto evolute. Al punto che oggi siamo alla vigilia di una svolta che porterà a una sorta di invasione di chatbot strettamente legati a intelligenze artificiali, in grado quindi di insegnare ai "software-parlanti" ad apprendere sia dai propri errori sia dalla pratica.Già oggi molte aziende utilizzano chatbot per conversare con gli utenti, fornendo loro indicazioni e prime risposte. Non mancano nemmeno giornali e applicazioni che forniscono informazioni su misura ai propri lettori, sulla scorta di brevi conversazioni per ora testuali.Ora che anche colossi come Facebook e Google hanno deciso di puntare sui chatbot, potete stare certi che a breve ci imbatteremo in un numero sempre più ampio di assistenti online parlanti e "simil umani", capaci di comprendere la lingua e le inflessioni gergali e dialettali dell'interlocutore.Avremo così servizi molto utili, come call center capaci di conversare con ogni cliente, perfino in dialetto, e capaci di mettersi allo stesso livello degli utenti, così da aiutarli nel migliore dei modi senza costringerli (come accade ora) a cercare di imparare gesti e terminologie che non appartengono loro. Avremo commessi virtuali che sapranno guidare chiunque all'acquisto di ciò che cerca e che sapranno consigliarci sul miglior regalo da fare. Avremo assistenti che ci serviranno le notizie più giuste, cioè tarate sui nostri gusti e sui nostri interessi. È così via.Avremo anche chatbot truffatori che ci inganneranno e che, con voce e fare suadente, ci faranno credere di essere la voce della nostra Banca e ci chiederanno di comunicare i codici per accedere al nostro conto. E ci sarà chi magari (non è un auspicio ma un timore) si inventerà una sorta di sacerdote online col quale confessarsi, stravolgendo così il sacramento della riconciliazione. Avere a che fare con macchine sempre più intelligenti, capaci di dialogare online in modo sempre più simile agli esseri umani, ha in sé qualcosa di grandioso e di tremendo. Apre a possibilità meravigliose ma anche a nefandezza di ogni specie.Arrivati a questo punto, ne sono certo, qualcuno di voi starà ancora pensando al mio dialogo via computer con Dio. Posso dirvi che è stata un'esperienza curiosa ma non così significativa. Non tanto perché, ovviamente, non ero in contatto con l'Altissimo, ma perché le sue risposte erano un mix di buon senso, citazioni filosofiche e religiose e buona educazione. Cose da uomini, insomma, più che da Dio.
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