mercoledì 7 marzo 2012
Che cosa ci ha giovato la nostra superbia? Che cosa ci ha portato la ricchezza con la spavalderia? (Sap 5,8).
I conti con i nostri conti si fanno in fretta, la coscienza non tace il rumore del tradimento. «Non avrai altro Dio al di fuori di me» è il primo fondamento, «Beati i poveri» è il terreno fertile per il suo compimento. Altri dei tradiscono le attese e lasciano a mani vuote chi insanguina gli altari con sacrifici blasfemi. Cosa ha giovato all'uomo scegliere i poteri della terra? Cosa gli resta della falsa ricchezza? Cupidigia di oro, bramosia di argento non soddisfano il cuore, arsa la gola resta per sete insoddisfatta. Il mondo, in virtù del mercato, si è accontentato di falsa economia, diabolica pretesa di felicità terrena. Senza cuore non c'è frontiera superabile, senza la forza del primo comandamento non c'è pratica che salva. Se Dio è al primo posto, se la sua casa è sogno condiviso, allora il tempo degli uomini si converte in attesa di giustizia, ogni attenzione è data alla povertà del cuore, bene che anticipa il futuro. Se la ricchezza spadroneggia nell'anima, allora il buio della notte pervade ogni avvenimento. In tempo di fame è il pane che soddisfa, nessun metallo, seppur prezioso, può riempire lo stomaco. Pane che dura è la fiducia in Dio, tutto il resto, presto diventa stantio e ricoperto di muffa.
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