Cesare Cases, germanista eclettico e utopista scettico ma senza idoli
sabato 31 maggio 2008
Accluso al numero di maggio della rivista "L'Indice", il lettore trova in edicola un supplemento speciale dedicato a Cesare Cases, inventore e fondatore della stessa rivista, nato a Milano nel 1920 e morto tre anni fa, grande germanista (uno dei maggiori del Novecento, con e dopo Ladislao Mittner), critico, polemista e brillantissimo satirico. Introdotto da un ampio ritratto scritto da Claudio Magris e da alcuni interventi di Anna Chiarloni, Carmine Donzelli, Ernesto Ferrero e Guido Davico Bonino, il supplemento contiene in ordine cronologico tutti gli articoli scritti da Cases per "L'Indice" dal 1984 al 2002. Gli autori recensiti sono estremamente vari: si va da Brecht a Livio Garzanti, da Primo Levi a Kracauer, da Arthur Schnitzler a Elsa Morante, da Pietro Citati a Luigi Pintor: e poi Goethe, Giuseppe Culicchia, Bufalino, Aldo Rosselli, Guenther Anders, Philip Roth, Guido Viale, Gadda, Thomas Bernhard, Piergiorgio Bellocchio, Walter Benjamin, Dashiell Hammett... Mi sono dilungato in questo elenco per dare un'idea delle capacità e curiosità di Cases: ma soprattutto del suo modo assai concreto, umile e informato di intendere la categoria hegelo-marxista di "totalità", cioè la fitta interrelazione fra i più diversi prodotti e fenomeni culturali. Sebbene abbia insegnato per tutta la vita con passione e convinzione, Cases non era un accademico (ha evitato di scrivere storie letterarie e imponenti monografie: la sua opera consiste in raccolte di saggi, articoli e pamphlet). Sebbene fosse un marxista e un anticapitalista, oscillante fra Lukacs, Adorno e Kraus, non è mai stato un intellettuale di partito, né un idolatra della politica. Cases era un utopista scettico, un illuminista senza fanatismi, uno scrittore così mobile, fantasioso, erudito, umoristico che nessuna fede laica è riuscita a conquistarlo interamente soppiantando una fede religiosa. Perché se non si vuole credere in Dio (o non si vuole parlarne) non bisogna avere idoli, ma solo amori, con pudore.
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