Una grande priorità nel formare il clero
venerdì 6 ottobre 2017

Per vita cristiana e azione pastorale è cruciale la comunità Caro direttore, ho letto con interesse l’intervento di don Albino Sanna sulla formazione permanente del clero pubblicato il 27 settembre e naturalmente condivido la necessità di curare tutti gli aspetti che compongono il nostro ministero. Mi sono chiesto se l’ordine dei 6 punti proposti da don Albino rappresentasse una scala di priorità o se invece le proposte fossero offerte in ordine sparso.

Nel dubbio, vorrei intervenire per suggerire di dare la priorità al quinto punto, 'Curare la fraternità e l’amicizia tra il clero': una cura che ho sempre sentito annunciare, ma che non ho mai trovato tra le scelte concrete di governo quasi fosse una qualità presunta e non necessaria di scelta e di cura competente. Io ritengo, supportato intanto dal Vangelo ma anche da una lunga pratica di gestione di gruppi e di associazioni e che la comunità fatta di relazioni di conoscenza e di amore vicendevole sia la principale condizione e la premessa di vita cristiana e di progettualità pastorale. Mi spiego con un esempio vissuto.

Dovendo costruire una comunità di bambini e di mamme, ho incaricato per il progetto sei professionisti educatori, psicologi, volontari comunque tutti dotati delle lauree richieste. I sei hanno lavorato e costruito un modello di comunità per mamme/bambini molto buono. Ho chiesto ai sei che venissero a raccontarmi il progetto che ho apprezzato.

Al termine del racconto, tra la sorpresa e la preoccupazione degli operatori ho concluso che però loro sei non sarebbero stati assunti e non avrebbero gestito la comunità. La mia motivazione è stata semplice: «Avete curato molto bene la tecnica, ma non avete curato per niente la relazione, le singole responsabilità, il vostro gruppo insomma». Un gruppo di dispari non funziona, non produce. «Vi do una settimana di tempo per riformulare il vostro stare insieme e le reciproche responsabilità». Si sono trovati, hanno litigato, espresso le loro difficoltà, le fiducie e i dubbi: pianto, discusso, si sono abbracciati. Ora il gruppo che è un gruppo, è partito. Chi è dedicato alla realizzazione di progetti sociali, ma anche un qualunque responsabile del personale di azienda sa bene che le attività, i progetti, si realizzano insieme, che si parte sempre da un gruppo vero e mai da eroi isolati. Per fare comunità è necessaria una competenza che si chiama 'relazione' spesso data per scontata ma raramente esistente in maniera sincera, profonda, accogliente tra gli insegnanti come anche tra i sacerdoti.

Le agenzie che formano alla relazione, primaria competenza per un insegnante come per ogni educatore, vedono bene la grande efficacia educativa dell’adulto capace non solo di guardare, ma di vedere, di sentire e di ascoltare e perciò di entrare in relazione. Io credo che il pastore d’anime, sacerdote o vescovo, ha la primaria responsabilità di essere 'costruttore di comunità' dove circola la relazione, l’amore fatto di stima, di riconoscimento di competenze, di consigli spirituali e di scelte pastorali. In effetti, Gesù ha dichiarato che «vi riconosceranno come i miei dall’amore che si vedrà vivere tra di voi».

Nella linea di quanto ha ben scritto don Albino sottolineerei che l’amore tra di noi, fare comunità cristiana, è certamente dono dello Spirito, ma richiede da parte nostra conoscenza della realtà, competenze educative, valorizzazione delle esperienze di formazione alla relazione e di vita comune. Del resto la vita spirituale di noi sacerdoti è una continua ricerca del volto di Gesù e di una fraternità costruita e ogni giorno verificata sulla qualità del nostro amore.

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