martedì 11 ottobre 2011
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Caro direttore, concordo pienamente con quanto scrive Giorgio Israel sulla situazione del conflitto israelo-palestinese e sulle possibili vie di uscita. Dal 1987 mi reco in quella regione e mi sono fatto un’idea sufficientemente chiara attraverso interviste, colloqui e scambi di opinione con ebrei e arabi israeliani e palestinesi, di Samaria, di Giudea e di Galilea. Credo che molto possa ancora essere fatto dai cristiani, dai cattolici in particolare, per capire le ragioni degli uni e degli altri e per aiutare a giungere alla formazione di due Stati sovrani e democratici (uno lo è già ed è Israele, pur con tutte le défaillances presenti in tutti gli Stati democratici), reciprocamente rispettosi e garanti della convivenza.
Maurizio Del Maschio
Gentile direttore, vi ringrazio per la pubblicazione dell’articolo di Giorgio Israel su Avvenire di sabato 8 ottobre, di tutt’altro tenore rispetto all’intervista al politologo egiziano di qualche settimana fa. Qui riconosco lo stile del "mio" quotidiano cattolico: equilibrato, non fazioso, intelligente, curioso, controcorrente (ossia non prono al politicamente corretto imperante sui media nazionali). Continuate a illuminarci, anche voi contribuite a rendere l’aria più respirabile, secondo l’auspicio del cardinale Bagnasco. Buon lavoro.
Bruno Gandolfi, Bolzano
Proprio per esercitare, come dice il signor Gandolfi, uno sguardo «equilibrato, non fazioso, intelligente, curioso, controcorrente», Avvenire offre spunti di riflessione e cerca e accoglie opinioni significative, non sempre collimanti tra loro (e con le nostre) ma spesso utili per comprendere i motivi del doloroso conflitto che piaga, da più di 60 anni, il Vicino Oriente e la Terra Santa per individuare le vie e le ragioni della convivenza nella libertà e nella giustizia tra i popoli e le comunità religiose. So che non tutti condividono in toto l’analisi di Giorgio Israel, ma io ne apprezzo molto la profondità e credo che possa essere assai utile a chi ha davvero a cuore il bene della pace.
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