venerdì 4 gennaio 2013
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Caro direttore,
la campagna elettorale è appena all’inizio e già assistiamo a fisiologiche contrapposizioni tra i vari schieramenti, ma anche alla tendenza ad appropriazioni su alcuni temi che rivestono carattere universale. Sono i valori non negoziabili sui quali non può esserci alcuna esclusiva, perché appartengono alla coscienza di ogni uomo e indirizzano le sue scelte di vita; un patrimonio di essenza inestimabile. L’alto appello del Santo Padre che ha definito i valori non negoziabili «razionali e quindi validi anche per i non credenti», mi induce a una riflessione che desidero condividere con il suo giornale, da sempre particolarmente attento a queste problematiche.
Il matrimonio tra uomo e donna, la sacralità della famiglia, la tutela della vita dal suo concepimento alla fine naturale e i temi bioetici collegati a quelli che voglio definire i cardini della nostra esistenza, sono affidati alla coscienza di ciascuno di noi e non possono non orientare le nostre scelte politiche, perché prescindono dalla fede e sono connaturali in quanti credono nell’immensa rilevanza di questi valori non negoziabili.
La famiglia, come nucleo fondamentale secondo natura tra uomo e donna, all’interno del quale crescono e si educano i figli; la vita, dono prezioso anche per coloro che sono afflitti da gravi malattie, che soffrono e che vanno difesi e protetti sopra ogni cosa. Perché l’esistenza di ognuno, anche quella più difficile e dolorosa, è degna di rispetto e di considerazione, addirittura superiore a quella di quanti non possiedono fragilità fisiche. 
E ancora i principi della sussidiarietà, che devono fare parte del nostro modo di agire e di rispondere ai bisogni degli altri. Se, caro Direttore, non conosciamo quanta forza e quanta speranza racchiudono questi valori, non potremo mai imparare ad andare avanti percorrendo la giusta direzione. Su questi temi deve allora sapersi misurare l’agone politico.
Ricordo con grande commozione la drammatica seduta del 9 febbraio 2009 da me presieduta, convocata in via straordinaria, sull’approvazione della legge sul fine vita d’iniziativa del governo Berlusconi, che il Senato non riuscì a votare poiché purtroppo, proprio nel corso dell’esame e della votazione, Eluana era spirata. Arrivammo in ritardo rispetto ai provvedimenti giudiziari che autorizzavano l’eutanasia, e questa è stata e rimarrà sempre per me una ferita aperta.
Allora fu tutto inutile, ma adesso che ci accingiamo a esprimere il nostro voto e a eleggere coloro che nei prossimi cinque anni decideranno le nostre future scelte di vita, ritengo e spero che gli elettori non dovranno mancare a questo significativo appuntamento. Se il tema dei valori non negoziabili può anche non costituire oggetto di programmi, poiché ogni coalizione ha piena libertà di inserirli o di non farlo, due sono i punti essenziali.
Al di là delle tattiche pre-elettorali, vanno prese in considerazione innanzitutto la storia dell’impegno di ogni singolo politico; e poi la storia delle battaglie coerenti nel tempo dei singoli partiti negli anni delle legislature pregresse. Sono questi due elementi che devono sapere guidare le scelte degli elettori perché conferiscono quella patente di credibilità oggettiva, idonea a consentire di esprimere un voto meditato e pienamente consapevole. In questo contesto, i nuovi schieramenti politici si dovranno verificare non soltanto sulla base dei loro programmi, ma per quelle che saranno le battaglie parlamentari che sapranno affrontare sul campo. Se lo faranno sui valori non negoziabili, contribuiranno ad ampliare quel fronte politico già presente nel nostro Paese.
Parleranno comunque e soltanto i fatti. Credenti e non credenti dovranno quindi, necessariamente, misurarsi su questi temi, dai quali dipendono, perché strettamente collegati, gli altri diritti, alla salute, alla giustizia, all’equità, alla casa, al lavoro, come ha recentemente affermato il cardinale Bagnasco. Un lavoro che veda protagonista il cittadino in una dimensione comunitaria solidale che incoraggi l’iniziativa autonoma in ossequio all’art. 41 della Costituzione. Un lavoro in uno Stato realmente privo di tutti quei vincoli che frenano ogni forma di libera competizione, di sviluppo, di crescita del Paese. Una scommessa da vincere tra il blocco della conservazione e quello della coraggiosa modernizzazione. Questa è la vera grande battaglia che ci attende. Il pieno recupero di tutti questi principi rappresenta allora la base dalla quale partire. Questo il mio pensiero, il mio credo, la via che continuerò a perseguire, nella piena consapevolezza dell’importanza e rilevanza delle sfide che ci attendono.
Un cordiale saluto e un augurio di buon lavoro. 
Ricambio con cordialità il saluto e l’augurio che ci rivolge, signor Presidente, e la ringrazio per questa sua testimonianza personale e istituzionale. Ma soprattutto per aver richiamato con grande nettezza un punto che, per la mia piccola parte, non mi stanco di sottolineare: sulle grandi e davvero universali questioni valoriali che investono la vita delle persone e delle comunità tutti sono chiamati in causa, tutti sono chiamati a una consapevole e feconda unità e coerenza di visione. E nel concreto dell’azione politica, parlano e parleranno «soltanto i fatti». (mt)
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