Ricordare la bracciante Paola è attuare la legge contro il caporalato
domenica 19 luglio 2020

All'inizio della settimana che si chiude oggi è passato in un assordante silenzio il quinto anniversario della morte di Paola Clemente, mamma di tre figli e bracciante sfruttata. Uccisa dal lavoro ingiusto nelle campagne pugliesi di Andria, in una calda mattina del 13 luglio 2015. Il suo dramma diede una sana 'pedata' al Parlamento per finalmente approvare la legge 'anticaporalato', la 199/2016, fondamentale strumento per la lotta allo sfruttamento dei lavoratori (non solo in agricoltura). Uno strano destino che si ripete: serve sempre un dramma per svegliare la politica su problemi che vanno avanti da tanti anni.

Paola Clemente aveva appena 49 anni e dal suo paese di San Giorgio Jonico, nel Tarantino, viaggiava con altre donne per 300 chilometri fino ai vigneti di Andria. Assunta per l’acinellatura, togliere gli acini più piccoli per far bello il grappolo. In piedi, sotto il sole, per ore e ore con le braccia alzate, per meno di due ore l’ora. Bracciante italiana e sfruttata come gli stranieri, perché nello sfruttamento non conta il colore della pelle. Ma una morte italiana fa più rumore di una africana. Così quella legge è finalmente nata. Una norma preziosa, come confermano magistrati e investigatori. Prima della 199 erano una trentina le inchieste aperte per sfruttamento dei lavoratori. Con la nuova legge sono quasi trecento le inchieste avviate da 99 procure. Più della metà nel Centro Nord. In 15 sono coinvolti lavoratori italiani, come Paola Clemente.

E ben 97 riguardano comparti diversi dall’agricoltura. La legge funziona. Un regalo di Paola che Paola non può godere, né suo marito né i suoi figli. Nel quasi totale silenzio, il processo contro i suoi sfruttatori è iniziato solo lo scorso 18 febbraio, ma per Paola si applicherà ancora la vecchia norma, meno efficace. Secondo la perizia dei consulenti non ci sarebbe un collegamento diretto tra le condizioni di lavoro e la drammatica morte. Paola soffriva di una patologia cardiaca, questa, secondo i consulenti, la causa. Ma la Procura di Trani non si è arresa. Così è ancora in corso un’indagine per omicidio colposo nei confronti dell’imprenditore agricolo che sfruttava Paola Clemente. Come ci spiega il procuratore Renato Nitti, si indaga sull’omessa formazione alla sicurezza. Nell’imputazione la Procura scrive che «per colpa, per negligenza, imprudenza, imperizia» sarebbero stati violati gli «obblighi di informativa, formazione, addestramento nonché dell’osservanza degli obblighi di prevenzione e protezione nei confronti dei lavoratori».

E sarebbe stata omessa «una adeguata valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori e in particolare dei rischi specifici intrinsecamente correlati alla mansione di 'operaio addetto all’acinellatura' derivanti da movimenti ripetuti degli arti superiori, posture incongrue, erette, prolungate». Basterà a provare la responsabilità per la morte della bracciante? Intanto, il tempo passa e la memoria di Paola si affievolisce. Un destino comune ad altri tragici eventi legati allo sfruttamento dei lavoratori. Silenzio sul decimo anniversario della rivolta del 7 gennaio 2010 dei braccianti immigrati di Rosarno. Silenzio sull’estradizione, dieci giorni fa, dell’assassino di Hyso Telharay, giovane bracciante albanese, morto l’8 settembre 1999, dopo tre giorni di agonia, per le gravi lesioni provocate da alcuni caporali. Aveva appena 22 anni. Fatti che meriterebbero, invece, memoria e impegno. Per ricordare le vittime di un sistema economico illegale e disumano.

Per far funzionare sempre meglio norme, come la 199, che stanno finalmente colpendo le filiera dello sfruttamento. Respingendo al mittente le critiche di quelle forze politiche e imprenditoriali, che parlano di 'ostacoli all’economia'. Le ultime inchieste in molte regioni hanno fatto emergere un fenomeno criminale tutt’altro che marginale, vicende che coinvolgono grosse imprese. Non piccole mele marce. Paola Clemente e la sua famiglia non potranno avere giustizia dalla nuova legge, ma difendere questa norma sarà il modo migliore per rendere giustizia alla bracciante pugliese e con lei a tutti i lavoratori che in questi caldissimi giorni continuano a guadagnarsi il pane e purtroppo in non pochi casi a soffrire sui campi italiani.

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