Non pensate a «evitare» è l'ora di «progettare»
martedì 26 gennaio 2021

Sono giornate nelle quali è aperta la caccia ai ruoli, sia all’interno delle Istituzioni che nel Paese. E la caccia è un rischio, ma purtroppo non si tratta della «caccia della sapienza » di cui parlava Nicolò Cusano, che nel 1463 indicava il cibo dell’intelletto proprio nella virtù invocata da Salomone. E siamo un po’ tutti allo sbando proprio per un deficit di autentica 'sapienza' e a causa di una efflorescenza della 'scienza', che interpreta il presente, senza poter offrire orientamenti. Il motto di molti si declina sul verbo evitare. E sembra ispirato alla 'paura': di perdere il posto, che le sinistre «inciucino» e non ci facciano votare, che le destre stravincano senza un progetto credibile, che si perda tempo, che l’Unione Europea ci escluda dai finanziamenti o li riduca... Nella caccia, la paura del cacciatore finisce col renderlo preda, destinata peraltro a soccombere. Nessuno può ritenere di non aver paura, ma non di perdere il posto, bensì della morte.

La prospettiva della vita che va oltre la morte ci appartiene come credenti, come apparteneva a Socrate come pensatore, ma è proprio essa a doverci indicare una strada concreta, vitale, intra-terrena e, se si vuole, politica e pratica. Il progettare si alimenta, invece di 'speranza'. Una virtù che è messa a dura prova sempre, e anche oggi, in una Giornata della Memoria, che può facilmente viversi nell’irrilevanza delle cronache, perché le tragedie del passato rischiano di soccombere di fronte a quelle del presente. Eppure, se non sono i singoli protagonisti della scena politica e culturale a invocarla, nella preghiera e nella riflessione, anche laica, dobbiamo essere noi tutti a percepirla come unica possibilità di riscatto e di redenzione. E 'sapienza' significa innanzitutto 'sapida scientia', ovvero una scienza che non è solo strutturata, secondo competenze e statistiche numeriche, in quanto dietro ogni numero ci sono persone concrete e sofferenti, se non defunte, ma che sappia insaporire il nostro vivere in modo da illuminarlo e orientarlo. E ciò appunto perché sapienza significa 'saper vivere'.

Certo anche 'saper morire', ma non saprà morire chi non sa vivere autenticamente il presente. Se la parola 'persona', che è risuonata nel Parlamento nei giorni scorsi, non è solo uno slogan, allora davvero bisogna che diventi il punto di Archimede di una nuova e rinnovata politica. In questo senso, oggi, abbiamo bisogno, oltre che di orientamento, anche di nutrimento e, come scrive il Cusano, la sapienza è «cibo», «di cui l’intelletto ha bisogno di nutrirsi». Mentre a molte famiglie manca il cibo materiale e continuano a rivolgersi alle associazioni caritative, alle strutture della nazione (e anche a certe strutture ecclesiastiche) manca il «cibo intellettuale», che nessuno oggi sembra in grado di offrire. Insomma, abbiamo urgente bisogno di quella che il beato Antonio Rosmini chiamava «carità intellettuale», che non si può esercitare se non nel contesto dell’onestà intellettuale, di cui dovremmo andare a 'caccia'.

All’insegna di tale onestà dovrebbero mettersi in luce progetti e orientamenti per il futuro, con delle piste concrete perché la caccia alla sapienza abbia esito positivo. Purtroppo, di progetti e visioni, peraltro da tutti invocati, non vi è traccia sui media, che riferiscono di incontri e trattative proiettate solo al potere. E per predisporre una ricerca e un’attitudine sapienziale, proporrei mezza giornata di 'silenzio' a tutti, ma in particolare a quanti sono investiti di alte responsabilità, in cui cessino le contrattazioni mercantilistiche e le telefonate sottotraccia e ognuno interroghi la propria coscienza, senza preoccuparsi del ruolo che gli verrà assegnato o tolto. Ma, ancor di più, è necessario che vengano resi pubblici i progetti delle realtà rappresentative in modo chiaro e riconoscibile, sulla base dei quali coinvolgere gruppi e persone. Lo so è una utopia, ma l’utopia a volte può diventare la molla della storia. Uscire dal silenzio potrà allora significare articolare proposte di senso orientate non alla paura di perdere, ma alla speranza di vivere.

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