sabato 1 dicembre 2012
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La durezza del momento corrente e la confusione (e i piccoli interessi) di una tensione politica già pre­elettorale che – in momenti e su questioni cruciali – sta sfarinando la 'strana maggioranza' su cui si regge il governo di Mario Monti rischia di sbiadire la memoria di quanto di buono e di utile è stato realizzato in un anno di sacrifici, ricostruendo la nostra reputazione internazionale ed evitando il baratro della crisi greca. Per di più la ripresa resta un miraggio. Le nuove stime Ocse parlano infatti di -1% per il prossimo anno, anche se l’ottimismo del governo parla di inizio di ripresa nel secondo semestre.
Leggendo con attenzione l’ultimo rapporto dell’Ocse, vengono ribadite le perplessità già avanzate dal Fondo monetario internazionale sull’attuale politica economica europea. Si raccomanda infatti di condurre una politica monetaria accomodante, accompagnata da un’espansione fiscale in Germania e contemporaneamente porre freno all’eccesso di rigore nei Paesi in difficoltà. Non pare che queste considerazioni siano state recepite nel dibattito. È come se stessimo partecipando a una gara automobilistica contro bolidi di formula uno che possono aumentare a loro piacimento i cilindri del motore mentre noi ci troviamo a bordo di un pulmino (l’Unione Europea) che è un condominio di 27 rissosi passeggeri in perenne disaccordo sulla strategia da tenere. E tra i 27 non siamo noi a stare al volante.
Le altre macchine (gli Stati Uniti, il Giappone, i Paesi emergenti) hanno dalla loro, per sopravvivere alla durezza della competizione globale, una vasta serie di strumenti di policy (l’insieme di azioni che diversi soggetti possono condurre per risolvere un dato problema): la valvola di sfogo dei tassi di cambio, una politica fiscale comune, la leva delle materie prime, la crescita del debito pubblico... Quest’ultima leva è stata azionata in maniera spregiudicata dal Giappone contando sul fatto che i detentori dei titoli fossero in larghissima parte gli stessi giapponesi (e quindi per nulla interessati a far saltare il banco) ed è azionata in maniera spregiudicata dagli Stati Uniti, che sembrano pensare che il debito pubblico nazionale può crescere senza eccessivi problemi, con l’obiettivo di far ripartire l’economia e mantenere il welfare, se esiste una Banca centrale pronta a stampare moneta in quantità illimitata per coprire le perdite in un sistema dove crisi bancarie e deficit di piena occupazione tengono a bada le pressioni inflazionistiche.
A bordo del pulmino lo spettacolo è, invece, tragicomico. Tra chi crede ancora alla 'fata fiducia', ovvero al rigore che automaticamente produce effetti espansivi grazie al favore dei mercati finanziari, e chi spera invece in una politica europea keynesiana (cioè basata su forti investimenti pubblici), si litiga sul budget dell’Unione, sul ruolo della Banca centrale e su come gestire la politica di cambio. Come è possibile competere con le fuoriserie in queste condizioni? Non ci resta che cercare di far sentire la nostra voce tra i 27. Auspicando quei cambiamenti di strategia più volte tratteggiati in passato. In primo luogo, la riforma dei mercati finanziari per scongiurare nuove crisi catastrofiche e riportare la finanza al servizio dell’economia reale. E poi una politica fiscale dell’Ue più espansiva che promuova investimenti in infrastrutture, considerando che il nostro debito aggregato è inferiore a quello dei nostri competitori. Quindi, l’applicazione (e non solo l’enunciazione) di politiche di gestione del debito pubblico dei Paesi membri che sottraggano lo stesso ai venti della speculazione per mitigare gli oneri per interessi.
A questo proposito, il Fiscal Compact rischia di trasformare la recessione in depressione. Pertanto deve essere sostanzialmente riformato e in tempi rapidi, ponendo obiettivi variabili sotto il controllo diretto dei governi nazionali. E, ancora, la costruzione di regole internazionali e di prassi civili (il 'voto col portafoglio') che producano il più rapidamente possibile quella convergenza verso l’alto di tenore di vita e costo del lavoro tra aree ricche e povere del pianeta, che sola può porre fine in modo duraturo all’attuale situazione di instabilità. Sperando che qualcuno a bordo del pulman Europa ascolti, come italiani dobbiamo nel frattempo fare il massimo per riuscire a cavarcela da soli. Puntando con decisione su un nuovo Patto Fiscale e sull’applicazione rigorosa del principio 'pagare meno, pagare tutti' che trasformi l’ingente partita dell’evasione in un tesoretto a disposizione per la riduzione della pressione fiscale.
Più lento ma essenziale il lavoro sugli spread di economia reale tra il nostro Paese e la Germania avviato da questo governo (istruzione; digital divide; efficienza della giustizia e della Pubblica amministrazione; lotta alla corruzione; riduzione dei costi della politica e deburocratizzazione dell’attività d’impresa). Sperando di farcela a fare la quadra tra creazione di valore economico, sostenibilità sociale e ambientale, dobbiamo mantenere la lucidità e la calma in un viaggio che continuerà a essere difficile. Fondamentale per la tenuta sociale sarà lo stile di una classe politica che è chiamata a dare l’esempio, applicando per prima a se stessa quei principi di sobrietà e solidarietà che tutti gli italiani sono costretti a vivere in quest’emergenza.
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