«Più soldi agli on. purché cali il debito». L'incentivo sia la stima dei concittadini
sabato 12 maggio 2018

Caro direttore,
queste prime battute della XVIII legislatura ci presentano un quadro incerto per non dire caotico. Il presidente della Camera, Roberto Fico, come il Movimento 5 Stelle di cui è parte si è posto come obiettivo prioritario l’abolizione dei vitalizi e la riduzione delle indennità dei parlamentari. Con il dovuto rispetto mi permetto di fare una proposta controcorrente: l’aumento delle indennità dei parlamentari, che grosso modo ammontano complessivamente a circa 230 milioni di euro all’anno. Mi spiego. “Avvenire”, durante tutta la campagna elettorale, ha richiamato l’attenzione sul nostro debito pubblico e sulle possibili azioni per disinnescarne il condizionamento e la minaccia, ma nessun leader politico ha preso in carico la questione dicendo come intende affrontare il problema per avviarlo a soluzione, e questo anche ora che si sta parlando di programmi di governo. Il nostro debito pubblico ammonta a circa 2.300 (duemilatrecento) miliardi di euro, gli interessi che paghiamo per sostenere questo debito ammontano oggi a oltre 60 miliardi di euro all’anno (e senza i saggi interventi della Bce di Draghi sarebbero anche di più!). Ebbene, questa la mia proposta: i parlamentari prendano seriamente in carico il problema del debito pubblico, approvino buoni provvedimenti che, senza creare problemi sociali, riducano il debito pubblico e di conseguenza la quota di interessi che paghiamo. Di quanto riescono a ridurre in percentuale gli interessi, della stessa percentuale aumentino pure le indennità parlamentari. La mia può sembrare una proposta demagogica, ma non è mia intenzione fare demagogia. I parlamentari sono stati chiamati dal popolo a un’alta responsabilità, la più alta in un sistema democratico. A questa responsabilità devono rispondere facendo con coscienza quello per cui sono stati chiamati: buone leggi per perseguire il bene comune. Le persone che li hanno eletti li hanno mandati lì per trovare soluzione ai problemi attraverso il dialogo e il confronto costruttivo, non per evocare problemi. Se si trattasse solo di evocare difficoltà possono essere certi che ogni cittadino sarebbe in grado di fargliene un elenco lunghissimo, ma altro ci si aspetta da chi liberamente si è reso disponibile per un servizio così alto. Penso che non sia tanto il fatto delle indennità percepite in sé quanto che cosa chi queste indennità percepisce è in grado di produrre come buone leggi e provvedimenti utili per il bene di tutti. Ringraziando il nostro giornale per l’opera preziosa di informazione e formazione che continua a fare la saluto con tanta cordialità.
Antonio De Biasi, Lerici (Sp)


Una proposta paradossale e decisamente controcorrente la sua, caro amico. Ne capisco l’ottima intenzione e ne apprezzo il realismo, ma non sono un fan degli incentivi, tantomeno quando si tratta dei nostri rappresentanti in Parlamento. E questo anche se sono favorevole da sempre – l’ho scritto e motivato a più riprese anche su queste pagine – a garantire una giusta indennità di funzione e una degna pensione a deputati e senatori. Perché? Stavolta lo dico in sintesi: con la politica non si deve diventare ricchi, ma non si può neppure tornare, anche per vie traverse, ai tempi in cui il “fare politica” era attività riservata solo a chi se lo poteva permettere per «censo», e cioè i benestanti e i ricchi di famiglia. La grande, anzi enorme, questione del debito pubblico va presa tremendamente sul serio. Perché è una palla al piede per l’Italia sulla scena europea e mondiale e ne limita l’azione oltre che il peso nei rapporti con partner quasi sempre non più virtuosi di noi, ma ben più accorti. E perché è una zavorra vergognosa e ingiusta per gli italiani, e soprattutto per le spalle dei nostri figli e nipoti. Chi è eletto in Parlamento e chi ci governerà faccia perciò la parte che gli spetta per affrontare davvero il nodo, e non per intascare una bonus percentuale in più sul proprio stipendio, ma perché se non si impegnasse, farebbe meglio a cambiare mestiere. Spero che sempre più italiani comincino a pensarla così, senza farsi più incantare da promesse di spese scriteriate sulla pelle delle prossime generazioni. L’incentivo sia la stima (e il voto) dei concittadini. Come vede, arriviamo alle stesse conclusioni. Grazie dell’amicizia e del sostegno, e un caro saluto.

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