Il buon scandalo del «cardinale elettricista» e lo sguardo sui poveri da non perdere
martedì 14 maggio 2019

Caro direttore,
un gesto ragionevole eppure forte quello dell’Elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewski: riattivare la corrente in un palazzo di Roma rimasto per cinque giorni al buio lo avrebbe dovuto fare il ministro Salvini al posto di infuriarsi e minacciare come solo lui sa fare. Prima gli italiani... O no? Vi è stato bisogno di un “cardinale elettricista” per riattivare l’elettricità, altrimenti tante persone e tra loro molti bambini sarebbero rimasti in condizioni di vita inaccettabili. E di fronte a questo il ministro minaccia di fare “pagare la bolletta” al cardinale. Sappia Salvini che in tutta Italia preti e vescovi anche questo fanno da sempre, ogni giorno: aiutano chi non ce la fa a pagare le bollette. E sappia che lo aiuteremo noi, il cardinale, perché il gesto che ha fatto è pienamente umano ed è un segnale che questa società cinica dovrebbe tenere presente e su cui dovrebbe riflettere. Ancora una volta è emersa la questione fondamentale dell’oggi: bisogna scegliere se stare dalla parte delle persone o dalla parte di un’organizzazione sociale impersonale e algida. Il cardinal Konrad Krajewski ha scelto le persone, e chi ragiona è con lui.

Gianni Mereghetti

Signor direttore,
dopo il clamoroso gesto a Roma di un “cardinale elettricista” tutti a strapparsi i capelli e a indignarsi perché quelli che sono costretti a occupare senza titolo case di enti pubblici sono vittime di uno Stato patrigno! Sono decenni che va avanti questa commedia dei “senza tetto” asseritamente costretti a occupare le case. Ma mai nessuno che dica che la casa nel nostro mondo – anzi, in tutto il mondo – o te la compri o te la affitti! Tertium non datur ! Chi è senza casa, o se l’aveva la ha persa, avrà pure qualche responsabilità! Chi ha 13 figli e non ha casa, non ha, evidentemente, neppure la testa! Ma in Italia non abbiamo altro da pensare che star dietro a queste scemenze? Questi sbandati si arrangino, si trovino loro una soluzione. Possono emigrare. In Africa, nel mondo arabo e nelle ville pontificie di Castel Gandolfo c’è un sacco di spazio...

Alessandro Gentili

Caro direttore,
parlano lingue diverse e dunque non si possono capire. Mi riferisco a certi politici e papa Francesco. Dopo l’azione inedita e clamorosa del cardinale Krajewski, Elemosiniere del Papa, che ha rimosso i sigilli e ridato elettricità a un palazzo occupato da cinquecento persone a Roma, il ministro dell’Interno poteva dire semplicemente che si è trattato di un’azione giuridicamente illegittima. E in effetti così è, come lo stesso Krajewski ha ammesso. Una azione “illegittima” messa in essere per testimoniare – di fronte a una situazione estrema – valori e princìpi che, per la Chiesa cattolica, da sempre, vengono prima dell’ordinamento giuridico. Invece no. Salvini ha commentato stizzito: mi aspetto che ora il cardinale paghi i trecentomila euro di arretrati e anche tutte le bollette che le famiglie italiane fanno fatica a pagare. Nonostante il rosario esibito nei comizi e i proclami roboanti a favore delle «radici cristiane dell’Europa minacciata dalle orde islamiche», Salvini proprio non riesce a capire l’essenza del messaggio di Gesù, che Francesco ci ricorda incessantemente. La sua non è una testimonianza di “laicità” stile Alcide De Gasperi, che – per seguire la propria coscienza di politico cattolico, ma impegnato con responsabilità laica nel servizio allo Stato – seppe dire di “no” anche al Papa che voleva una Dc alleata con la destra neofascista a Roma nel 1952. È piuttosto espressione di totale “alterità” rispetto a una visione della società, della politica e della democrazia che sorge naturalmente dal messaggio cristiano e dalla sua incarnazione nelle contraddizioni e nelle asperità della storia. È la pretesa di una ”religione“ svuotata di ogni sua profezia di liberazione umana e disponibile a essere usata come una clava contro i presunti nemici. Una religione neppure “di Stato”, ma di “tribù”. Si tratta di un conflitto che va ben oltre i sigilli di un contatore di elettricità. È un conflitto antropologico e culturale. Vorrei dire morale.

Lorenzo Dellai

Purtroppo quelle dei poveri e dei senza tetto (e senza luce, e senz’acqua... ) non sono commedie, ma veri drammi. Purtroppo queste non sono «scemenze ». E smettiamola, per favore, una buona volta con questa storia dei poveri che se la sono cercata... La povertà come colpa, come responsabilità, come stigma di indegnità sociale e persino di riprovazione divina... Ragionamenti lontani anni luce dalla vera cultura italiana, da un sentire autenticamente cristiano e da uno sguardo cattolico sulla vita e sul mondo. So bene che questo modo di pensare, di giudicare e di vivere sta prendendo piede anche nel nostro Paese, e che il signor Gentili non è un marziano, ma un concittadino con le sue ragioni. Ma so anche che finché ci saranno persone in grado di usare intelligenza e cuore, come gli amici lettori Lorenzo Dellai e Gianni Mereghetti, per dare concretezza al senso di umanità e di giustizia che di fronte alla difficoltà delle persone viene ragionevolmente prima e va evangelicamente oltre ogni calcolo, in questo nostro amato Paese avrà ancora cittadinanza la speranza e l’ansia di giustizia. Chi parla e scrive della Chiesa che «riattacca la luce agli abusivi», si ricordi che uomini e donne di Chiesa ogni giorno e ogni notte in ogni realtà italiana, da nord a sud, fanno sì che tante persone sole e a tante famiglie della luce (elettrica e metaforica) non siano costrette a fare a meno. Fanno sì che la luce non venga staccata. Perché le regole giuste vanno rispettate e fatte rispettare, purché appunto siano giuste. E perché c’è un livello minimo di decenza morale al quale una comunità civile degna di questo nome non può rinunciare. Altrimenti senza luce rimarremmo tutti noi, poveri e no.

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