lunedì 14 agosto 2017
Anche nel cuore dell’estate vacanziera si affacciano esperienze destinate a lasciare un segno profondo. Esperienze che parlano il vivo linguaggio della tradizione, da Nord a Sud, ricca di fede.
L'Assunzione di Maria, opera di Andrea della Robbia

L'Assunzione di Maria, opera di Andrea della Robbia

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Anche nel cuore dell’estate vacanziera si affacciano esperienze destinate a lasciare un segno profondo. Esperienze che parlano il vivo linguaggio della tradizione, così diverso e distante da quel folclore che pretende di riesumare il passato a meri fini commerciali. Esperienze che, da nord a sud, qualificano sul territorio la proposta religiosa, culturale e turistica del nostro Paese. Davvero, come scrive papa Francesco, «una cultura popolare evangelizzata contiene valori di fede e di solidarietà che possono provocare lo sviluppo di una società più giusta e credente, e possiede una sapienza peculiare che bisogna saper riconoscere con uno sguardo colmo di gratitudine».


Per non restare nel vago, vorrei dedicare queste righe a raccontare in presa diretta ai lettori di "Avvenire" quanto ho vissuto ieri sera, vigilia della solennità dell’Assunta, a Monopoli. L’evento, oltre ad essere emblematico, offre alcune piste di riflessione dalle quali forse non sarebbe sbagliato lasciarsi coinvolgere. A mia volta, non esito a riconoscere di esserne rimasto tanto partecipe quanto commosso.


L’occasione era data dall’anniversario dell’approdo dell’icona bizantina della Madonna della Madia, avvenuto nel 1117 a bordo di una zattera composta da travi di pino d’Aleppo, alcune delle quali sono ancora custodite in Cattedrale. Novecento anni dopo, è toccato a me trovarmi a fianco di monsignor Giuseppe Favale, vescovo di quella diocesi, su una precaria imbarcazione a raccogliere la copia dell’icona della Vergine per mostrarla alle migliaia di persone che in attesa gremivano la riva.


Mentre mi avvicinavo al molo non potevo smettere di volgermi ad ascoltare quel mare che avevo alle spalle. Per secoli è stato un catino le cui acque non sono state solcate soltanto da guerrieri e mercanti, ma da dialetti e culture che hanno arricchito e avvicinato i popoli del Mediterraneo. Un mare divenuto strada per l’incontro, invece di muro e confine... E Maria – che oggi celebriamo tra la terra e il Cielo – non ci riconsegna forse la missione di farci costruttori di ponti tra Oriente e Occidente, tra vicini e lontani, tra uomini e donne, nella consapevolezza che la reciprocità è la prima condizione per camminare insieme?


Del resto, come possiamo immaginare di festeggiare l’Assunta, in cui la nostra umanità raggiunge la meta, se rinunciamo a stringere le mani che da questo stesso mare affiorano? Chi tocca un povero, dice ancora Francesco, tocca la carne di Cristo: passaggio non indolore, ma decisivo, nell’indicarci che ciò che dà valore a quello che siamo e che diventa via al Cielo è ancora una volta la disponibilità a prenderci cura dei fratelli, a riconoscerli tali, a far loro posto nel nostro cuore prima ancora che alla nostra stessa mensa.


Infine, come sfuggire alla suggestione legata alla provenienza delle travi della zattera? Aleppo non è soltanto un’indicazione geografica. Questa cittadina della Siria settentrionale – contesa, bombardata e saccheggiata a più riprese da un conflitto che dura da oltre 6 anni – è il simbolo di ogni tragedia che insanguina la dignità dell’uomo: penso ai tanti focolai di guerra sparsi nel Medio Oriente come in altre parti del mondo.


Vi assicuro che nell’alzare l’icona di Maria ho sentito sulle braccia e sul cuore il peso di questa umanità dolente e umiliata; ma nel gesto con cui ho benedetto la folla di Monopoli c’era anche la fiducia che con Maria è possibile tornare ad affidarci al Principe della Pace, affinché ispiri propositi e impegni di pacifica convivenza tra tutti.

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