venerdì 15 settembre 2023
Il capo della Chiesa greco-cattolica: le parole del consigliere di Zelensky? «Solo una visione personale, non dell'esecutivo». Consegnate al cardinale Zuppi le liste dei prigionieri da liberare
L’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, al Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina che si è svolto a Roma

L’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, al Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina che si è svolto a Roma - ugcc.ua

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Bastano le parole di un consigliere politico per squarciare la rete tessuta da papa Francesco a sostegno dell’Ucraina? In troppi, e in maniera avventata, lo hanno sostenuto dopo l’esternazione di Mykhailo Podolyak, braccio destro del presidente Zelensky, per il quale Kiev non ha bisogno dell’intervento del Papa perché è “filorusso”. «Non sono sicuro che il governo ucraino abbia chiuso le porte alla Santa Sede», risponde l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk. È il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina che mercoledì a Roma ha chiuso il suo Sinodo annuale e ieri ha incontrato i giornalisti nel Pontificio Collegio ucraino della capitale. Quarantacinque i presuli arrivati in Italia: per discutere sull’“assistenza pastorale delle vittime della guerra”, come spiegava il titolo dell’appuntamento; per incontrare il Papa; per confrontarsi con i capi dei dicasteri vaticani e con il cardinale Matteo Zuppi, impegnato nella missione di pace voluta da Francesco. L’intervista di Podolyak ha fatto il giro del mondo. Ed è entrata anche nell’aula dei lavori dei vescovi. L'arcivescovo maggiore racconta di aver contattato gli ambasciatori ucraini a Roma: quello in Italia e quello presso la Santa Sede. E di aver avuto la conferma di ciò che era intuibile al di là della propaganda: «Ho chiesto se il consigliere del presidente avesse espresso una convinzione personale o la posizione del governo. Ed è emerso che era un’opinione privata».

I vescovi che hanno partecipato al Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina

I vescovi che hanno partecipato al Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina - Gambassi

Dietro le dichiarazioni potrebbe essere una strategia per ingraziarsi l’opinione pubblica. Perché nel Paese sotto le bombe è in corso una campagna mediatica che ha preso di mira il Papa. «All’inizio della guerra – riferisce l’arcivescovo maggiore – la popolarità del Papa era altissima tanto da essere considerato il leader morale in assoluto. Oggi, invece, il suo gradimento secondo alcuni sondaggi è sceso al 6 per cento, se non al 3. Come comunicare la vicinanza del Papa all’Ucraina? È una sfida. Noi gli abbiamo mostrato piena disponibilità ad essergli al fianco». Anche se è prematura ogni proposta di negoziato, «è nelle mani del nostro governo» la scelta di affidare al Pontefice una mediazione nel conflitto, aggiunge Shevchuk, chiarendo che si tratta di una «questione politica su cui l’esecutivo deve decidere». E subito fa sapere: «Abbiamo bisogno della premura paterna del Santo Padre nei confronti del popolo ucraino». Quella che Francesco ha ribadito nell’udienza ai vescovi greco-cattolici la scorsa settimana. «Il Papa ci ha detto di essere con noi – afferma il presule –. Con lui abbiamo condiviso il nostro dolore, le nostre ferite aperte e sanguinanti. E questo è di consolazione ma si tratta di farlo capire alla gente». Quindi tiene a precisare: «Secondo me, l’opinione pubblica ritiene che non dobbiamo disprezzare gli amici». Sullo sfondo resta l’ipotesi della visita di Francesco. «Aspettiamo questa possibilità che servirà a toccare le ferite dell’Ucraina e a vedere quello che vediamo noi».

Un momento di preghiera dei vescovi che hanno partecipato al Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina

Un momento di preghiera dei vescovi che hanno partecipato al Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina - Gambassi

È quanto ha fatto il cardinale Zuppi, inviato del Papa, nella tappa a Kiev. Dopo Mosca e Washington, è stata la volta di Pechino. «Penso che la sua missione in Cina sia importante – osserva l’arcivescovo maggiore –. La Cina ha sempre dichiarato di essere disponibile alla pace ma non sappiamo quale sia la sua visione di pace. Certo, sarebbe interessante che la Cina partecipasse agli incontri del governo ucraino». E Shevchuk cita ancora Zuppi per il quale occorre una pace giusta e sicura. «Una pace è giusta se rispetta i principi morali e il diritto internazionale. Ed è sicura perché dura nel tempo. Ma abbiamo desacralizzato la pace. Essa non è né una tregua, né un accordo diplomatico, né un calcolo. È un dono di Dio dove ognuno ha il diritto all’esistenza. E la invochiamo ogni giorno nelle nostre preghiere». Poi il richiamo al ruolo delle comunità cristiane che le bombe hanno diviso: con la Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca finita nel mirino sia delle autorità, sia dei fedeli, sia dei media con l’accusa di collaborazionismo. «Il dialogo tra le Chiese cristiane – avverte il presule – è fondamentale per la pace. Tutti insieme siamo chiamati a costruirla». A Zuppi i vescovi hanno «consegnato un elenco dei civili ucraini sequestrati» in quanto «non esiste un meccanismo per liberarli», dice Shevchuk. E il pensiero va ai due sacerdoti redentoristi sequestrati dai militari russi lo scorso novembre in Donbass. «Le ultime notizie che abbiamo sono quelle rese dai prigionieri ucraini che erano con loro in cella». Dopo il trasferimento nei territori della Federazione russa, «si sono perse le tracce. Abbiamo aperto tutti i canali a disposizione per ottenerne la liberazione. Però, a oggi, non sappiamo neppure se sono ancora vivi».

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