sabato 11 febbraio 2023
Modelli vecchi che costeranno molto ai contribuenti e non saranno di reale aiuto. Varsavia dimezza i tempi di addestramento dei soldati ucrani, mettendoli ancor più a rischio. Ma la borsa festeggia
Leopard II tedeschi. Ma agli ucraini verranno forniti vecchi Leopard I, ottima operazione commerciale solo per alcuni

Leopard II tedeschi. Ma agli ucraini verranno forniti vecchi Leopard I, ottima operazione commerciale solo per alcuni - Reuters

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Scricchiola da più parti la «Grande coalizione Leopard», come l’hanno già ribattezzata facendo il verso alla vecchia alleanza politica tedesca. La Grecia si è appena sfilata dall’alleanza che fornirà carri tedeschi a Kiev. Il Portogallo balbetta e la Polonia inganna tutti.

Kyriakos Misotakis, primo ministro greco, ha gelato le aspettative residue: «aiutiamo Kiev, ma i nostri Leopard sono incedibili. Ci attendono tempi duri e i carri ci servono, perché la Turchia resta una mina vagante». L’Ucraina perde in un colpo solo il supporto del primo operatore mondiale di Leopard.

Vacilla pure il Portogallo. Il premier Antonio Costa ha tagliato corto: «addestreremo gli ucraini, ma non ci separeremo mai dai nostri Leopard». Costa teme un’escalation del conflitto e il prezzo dell’operazione, perché i suoi 37 carri sono zeppi di falle. Rimetterli in sesto sarebbe un salasso anche se alla fine probabilmente Lisbona ne fornirà non più di tre.

Gli ucraini non si perdono tuttavia d’animo. Sanno che il premier portoghese fa e disfa: il 7 febbraio, durante un viaggio in Centrafrica, si è mostrato possibilista, convinto forse da ipotetici creditori stranieri. Sarebbe una boccata d’ossigeno, perché le cattive notizie si accavallano.

Citando funzionari governativi, il quotidiano El Pais ha affondato il dito nella piaga: i carri che Madrid girerà a Kiev «sono scarti». Per i militari spagnoli si tratta di «autentica spazzatura», del tutto inutile in battaglia. Le blindature di questi carri non possono nulla contro i razzi russi.

Non se la passano molto meglio gli 88 mezzi gettati nella mischia da Rheinmetall. Parliamo di un’operazione esosa, finanziata in perdita dall’erario tedesco. Imperterrito, il cancelliere Olaf Scholz butterà altri soldi per ricondizionare 99 carri aggiuntivi, dell’azienda Ffg: parliamo sempre di Leopard 1, ormai decrepiti, e dai calibri diversi dagli altri carri promessi a Kiev.

Se va bene, creeranno solo un guazzabuglio logistico. Probabilmente rinfrancheranno Mosca, costretta a servirsi di decine di carri T-62, altrettanto inutili.

Sembra che nessuno abbondi, ma che agli occidentali manchi pure un intento chiaro. Si agitano in ordine sparso.

Varsavia è la più frenetica. Sente che il tempo del Donbass stringe e allora che fa? Dimezza l’iter di formazione dei carristi ucraini, esponendoli a rischi futuri. Un carro armato è un ecosistema. Funziona solo se la sua integrazione con le altre armi di terra e di cielo è perfetta e se i suoi equipaggi sono esperti.

Verrebbe da dire che l’affare Leopard potrebbe ridursi a une mera operazione commerciale: farà le fortune del produttore, Rheinmetall, ma non avvantaggerà Kiev.

Guarda caso, non appena il governo tedesco ha dato il via libera ai trasferimenti, le azioni del gruppo tedesco che produce il Leopard 2 sono schizzate verso l’alto, toccando livelli mai raggiunti in 134 anni di storia. Vale oggi 10 miliardi di euro. La guerra in Ucraina ne ha moltiplicato il fatturato, più che raddoppiandolo nel giro di un anno.

Se tutto andrà come previsto, Rheinmetall entrerà presto nel novero del Dax, l’indice più esclusivo della Borsa di Francoforte. Dai soli carri armati l’azienda di Dusseldorf ricaverà 350 milioni di euro quest’anno e altrettanti nel 2024, senza contare i contratti milionari per le munizioni associate. La guerra si conferma una tragedia per tutti e un affare per pochi.



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