Non è affatto privata la questione di Dio
Fino all’altro giorno ci si poteva illudere che quella di Dio fosse davvero una questione privata. Non dei credenti, ma di Dio in persona. Che esista o non esista, ripete la mentalità corrente, è soltanto affar suo. Se c’è, non disturbi. E se non disturba, in fondo, significa che non c’è. È la posizione che Robert Spaemann riassume nell’ormai celebre formula della «diceria immortale»: sarà anche un gossip infondato, questo che riguarda l’Onnipotente, ma resta il fatto che è antico quanto l’uomo, o addirittura quanto il mondo. Come se non bastasse, continua a interessare, a interrogare. A fare il tutto esaurito, persino. Anche oggi, specialmente oggi. La vera sorpresa dell’evento internazionale che si chiude oggi a Roma, infatti, è proprio questa: si parla di 'Dio oggi', come recita il titolo dell’incontro, e in sala c’è il tutto esaurito. Mille e trecento persone stipate nell’Auditorium Conciliazione, capaci di disperdersi per una breve diaspora pomeridiana (alcuni appuntamenti si svolgono in contemporanea, e anche lì vale la regola del 'solo posti in piedi'), ma subito pronte a ricompattarsi per le tavole rotonde serali. Che si concludono quando l’ora di cena è passata da un pezzo, senza che però la platea abbia neppure accennato a svuotarsi. Non è la prova dell’esistenza di Dio, d’accordo, ma della persistenza di una passione sì. Se ne sono resi conto anche i relatori, tutti ugualmente sorpresi – e perfino ammirati – dall’assiduità di un pubblico nel quale numerosissimi sono i volti giovani. Bloc-notes che spuntano dagli zaini, fogli di appunti che passano di mano in mano, testi degli interventi sottolineati e chiosati in tempo reale. Sul palco si susseguono accademici illustri e critici di vaglia, testimoni eccellenti e intellettuali abituati alla controversia. Ciascuno di loro, una volta o l’altra, ha sperimentato l’impaccio di parlare davanti ai resti di un gregge disperso e svagato, ma questa volta sta accadendo qualcosa di completamente diverso. In un certo senso, è come se non importasse che le comunicazioni intonino il linguaggio austero della speculazione teologico- filosofica o riscoprano le tracce di Dio nelle varie forme di espressione artistica. Importa la domanda radicale, anzi: l’alternativa inconciliabile che il sottotitolo dell’evento propone. 'Con Lui o senza di Lui cambia tutto', semplicemente. Con buona pace per i garanti della divina privacy. Si ascolta, si sfoglia un volume appena acquistato e intanto il taccuino si riempie di spunti che più tardi andranno ripresi. Non succede tanto spesso, neppure negli altrimenti famosi festival culturali, che però rappresentano – in modo del tutto coerente – un 'altrimenti', una differente modulazione di un mercato dei contenuti all’interno del quale la tematica religiosa rappresenta un singolo ingrediente, sia pure prelibato. Il quadro dell’evento romano si avvicina piuttosto a quello disegnato dalla ricerca (di cui pure qui si è discusso) che rivela come, in un panorama editoriale pesantemente penalizzato dalla crisi economica, il libro religioso conquisti sempre nuovi lettori, producendo spesso silenziosi e inaspettati best seller. Basterebbe questo pubblico, probabilmente, per dimostrare che la questione Dio non è affatto 'privata', né tanto meno può essere risolta nei termini di una comoda etichettatura confessionale. Non sarebbe male se, tra una professione di laicità e l’altra, anche i nostri intellettuali trovassero il tempo di accorgersene. 25/26/27
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