Il coraggio di denunciare gli sfruttatori, costato la vita al ragazzo barbiere

Mahmoud Abdalla, egiziano, che lavorava in una bottega a Sestri Levante, in nero, è stato ripescato in mare mutilato e decapitato per vendetta
August 1, 2023
Il coraggio di denunciare gli sfruttatori, costato la vita al ragazzo barbiere
Guardate la faccia di questo ragazzo. 19 anni, ma non ha ancora qualcosa di infantile nelle guance, negli occhi? E sì che per arrivare in Italia, probabilmente dal mare, Mahmoud Abdalla, egiziano, deve averne passate tante. Però ce l’aveva fatta: lavorava in una bottega di barbiere a Sestri Levante, condotta da due connazionali. In nero, naturalmente, come quasi tutti i giovani migranti. E dormiva, con i suoi compagni, nel retrobottega. Forse all’inizio gli era bastato: era vivo, e poteva mandare soldi a casa.
Ma era in gamba Mahmoud, con le forbici e il rasoio, e ai clienti era simpatico. Chiedevano di lui. Chissà, un giorno forse un cliente italiano, vedendolo così giovane, gli ha domandato dove, come viveva. E lui, a bassa voce, ha raccontato: del lavoro in nero, della branda nel retro. Magari proprio quel cliente gli ha suggerito di fare denuncia: perché in Italia non si vive da schiavi.
Fatto sta che qualche settimana fa la Finanza piomba nel negozio di Sestri e scopre i lavoranti in nero. Mahmoud si fa avanti, e denuncia. I suoi padroni vanno nei guai. Poi il ragazzo capisce di doversene andare, e trova un posto altrove. Forse telefona a casa? Racconta tutto a sua madre, fiero.
Poi, inspiegabilmente scompare. Pochi giorni, e il mare ne restituisce il corpo atrocemente mutilato delle mani, e decapitato. Ha il cuore trafitto da molte coltellate. I datori di lavoro confessano, sono stati loro.
Incredibile storia nella quiete della Riviera, fra ombrelloni e bagnini e mamme con i bebè. In Liguria, Italia. Quel ragazzo audacemente arrivato fin lì aveva avuto il tempo di capire che il nostro è un altro mondo, dove chi lavora ha diritti, dove non ci sono “padroni”. Aveva creduto di poter passare l’invisibile confine fra il mondo di miseria da cui veniva, e il nostro. Aveva sporto denuncia. Si era affrancato dal suo giogo.
Ma i suoi due capi, intrisi di una mentalità antica, ostinata, scritta con leggi dure e anche feroci, non hanno lasciato andare Mahmoud. Agli occhi loro aveva violato ogni codice di omertà e silenzio, agli occhi loro era un traditore. E in quale modo orribile lo hanno ucciso e straziato. Sembrerebbe quasi un avvertimento agli altri Mahmoud, irregolari, sottopagati, sfruttati. Un monito: guardate che succede, a chi tradisce.
La testa del ragazzo ancora non è stata trovata. Forse la riporterà, pietoso, il mare. Lo stesso mare nostro, in cui facciamo il bagno e andiamo in pedalò. Il medesimo mare, ma frontiere invisibili lo dividono. Ci siamo noi e ci sono “loro”, i senza tetto né legge.
Mahmoud ci aveva provato, a fare il salto. Sorride, nella foto sul web, come un ragazzino promosso a scuola, quasi incredulo di avercela fatta. E invece, quale morte.
Mentre l’estate attorno sulla Riviera prosegue lieve, e i nostri figli coetanei di quel ragazzo venuto dal mare la sera vanno, spensierati, a ballare.

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