lunedì 27 febbraio 2023
La dinamica del naufragio che domenica ha causato la morte di oltre 60 persone a Cutro, nel Crotonese
I resti del naufragio di Cutro

I resti del naufragio di Cutro - Reuters

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Mare forza 4-5, forte vento di scirocco, una secca sabbiosa, mare profondo, e una barca col legno marcio. Così si muore a 150 metri dalla costa, dalla salvezza, dalla speranza di un futuro migliore. Con tanti dubbi su come mai, malgrado la barca fosse stata segnalata già durante la notte, non sia stata seguita la sua rotta, per predisporre i soccorsi a riva. Una serie di fatti negativi che sommandosi hanno prodotto la tragedia o, almeno, l’hanno aggravata. Il barcone proveniente da Smirne, rotta turca, all’alba di domenica è in vista della costa crotonese. Il vento è molto forte, vento di scirocco, il peggiore per questa costa.

“Con lo scirocco qui nessuno esce in mare”, ci spiega chi in mare esce spesso e lo conosce bene. Non lo sanno gli immigrati e probabilmente neanche gli scafisti. Vento e mare forza 4-5 spingono la grossa barca ad incagliarsi su una secca sabbiosa, tipica di questa zona. Qualche immigrato, nel buio, si butta in mare, pensando di essere a riva, altri vengono buttati dagli scafisti. Lo raccontano alcuni sopravvissuti. Forse gli scafisti pensano che, come altre volte, ci siano pronti i soccorsi.

Ma così non è. Invece subito dopo la secca il mare torna a sprofondare, anche questo tipico della Jonio, tanto bello quanto pericoloso. Per chi non sa nuotare, oltretutto con acqua freddissima, non c’è scampo. Ma non va meglio a chi resta a bordo. La barca si è purtroppo incagliata girandosi e mettendosi di traverso al vento che così l’ha colpita su uno dei fianchi. Duramente, ripetutamente. “Le onde di scirocco arrivano ogni pochi secondi”, ci spiegano ancora. Proprio per questo con lo scirocco qui non si esce in mare. E sono come un maglio. “La barca si è capovolta e per chi era nella stiva, soprattutto, donne e bambini, non c’è stato scampo”, ci dice uno dei soccorritori.

Poi, sotto i colpi implacabili delle onde, la barca è come esplosa, andando in mille pezzi. “Ho raccolto alcuni pezzi di legno, erano vecchissimi, marci, si sbriciolavano in mano”, ci racconta un’altra delle persone accorse sulla spiaggia. Una barca fragilissima, inadatta a navigare con mare calmo, un “bara” in condizioni estreme e con un carico eccessivo come questo. Oltretutto persone che, come gli afghani, i pachistani, i siriani, gli iraniani, vengono da aree lontane dal mare, non l’hanno mai visto, tantomeno sanno nuotare, soprattutto bambini e donne. E anche questo spiega la loro strage. Purtroppo al momento del naufragio sulla costa c’erano solo alcuni pescatori che hanno raccolto vivi e cadaveri.

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