venerdì 14 agosto 2020
«Si tratta di un metodo abortivo che, lungi dal tutelarla, mette a rischio la salute della donna. C’è il concreto sospetto che si voglia solo risparmiare sui costi dell’assistenza».
«La 194 ancora ignorata. Salute della donna a rischio»
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«Si tratta di un metodo abortivo che, lungi dal tutelarla, mette a rischio la salute della donna. C’è il concreto sospetto che si voglia solo risparmiare sui costi dell’assistenza». Filippo Maria Boscia, docente di Fisiopatologia della riproduzione umana all’Università di Bari (nonché presidente dell’Associazione medici cattolici italiani), è stato a lungo direttore del Dipartimento per la salute della donna e la tutela del nascituro nell’Azienda sanitaria Bari (con competenza su sei ospedali con reparti di ostetricia e ginecologia): «In un periodo di persistente declino demografico, è grave che non si agisca per favorire la natalità e si continui a ignorare quella parte della 194 che invita a risolvere i problemi che possono indurre una donna a interrompere la gravidanza».

Il ministero della Salute ha spiegato come e perché ha cambiato le norme per la Ru486. La convince?
Credo che si voglia banalizzare un fenomeno che è invece molto serio. E solo per motivi economici. Questo farmaco infatti è nato in ambito oncologico, e ha non solo un effetto anti progesterone (sfruttato per l’aborto farmacologico), ma tutte le azioni di un farmaco citostatico: ha la capacità di alterare la flora batterica vaginale e “accendere” il Clostridium Sordellii, un batterio capace di causare infezioni ginecologiche gravi, che si associano a polmoniti, endocarditi e mionecrosi uterina, una complicanza rara, ma dolorosa, e che può condurre a setticemia e morte. Mi meraviglio che il ministero della Salute esalti i “diritti”, ma trascuri la salute della donna. Senza trascurare gli aspetti psicologici dell’aborto chimico.

Le nuove Linee di indirizzo chiedono alle Regioni di svolgere un’azione di monitoraggio, anche sugli effetti collaterali. Non basterà?
Credo che sia molto difficile garantire un monitorag- gio adeguato. Dopo la somministrazione delle pillole la donna può andarsene dove vuole. Dal punto di vista sociale viene abbandonata a sé stessa: se avrà problemi, farà ricorso al suo medico o alla Guardia medica. Penso che sarà necessario osservare con molta attenzione le Relazioni del ministro sull’attuazione della 194.

Tra le motivazioni c’è l’adeguamento alle indicazioni dell’Oms e di altri Paesi europei: lo condivide?
Direi proprio di no. In Italia non abbiamo nulla da invidiare dal punto di vista scientifico nell’assistenza sanitaria e non vedo per quale motivo dobbiamo adeguarci a comportamenti clinici non corretti, che mettono più a rischio la salute. Inoltre le procedure dell’aborto chimico mettono in forse la pausa di riflessione di sette giorni, che la legge 194 prevede, tra la decisione della donna e l’esecuzione dell’interruzione della gravidanza. Credo che la metodica sia scelta per i minori costi, e si deleghi ai servizi territoriali un’assistenza che non hanno mai garantito. Mi pare che il governo si mostri incapace di aiutare le donne a non abortire e di proteggere le ragioni della vita. Per populismo, le donne vengono abbandonate al loro destino: un passo indietro verso la clandestinità.

Viene estesa la possibilità di distribuire le pillole abortive nei consultori. Che cosa ne pensa?
Credo che si tenda a creare un raccordo tra l’interruzione volontaria di gravidanza con i farmaci e la contraccezione successiva. Si innesca un sistema di controllo della natalità, il che è una contraddizione in un momento in cui c’è una denatalità. Mi occupo molto di sterilità e riscontro che gli aborti sono spesso causa di compromissione della fertilità delle donne.

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