sabato 11 aprile 2020
Omicidio colposo ed epidemia colposo, è l'accusa per il direttore del Pio Albergo Trivulzio. Indagini su un'altra decina di Rsa. In Lombardia quasi 2.000 morti, a Bergamo morto un ospite su 5
Il Pio Albergo Trivulzio di Milano

Il Pio Albergo Trivulzio di Milano - Fotogramma

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Omicidio colposo ed epidemia colposa. Con queste accuse è stato iscritto nel registro degli indagati Giuseppe Calicchio, direttore generale del Pio Albergo Trivulzio. È il primo nome inserito nel fascicolo dei sostituti procuratori Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, componenti del pool diretto dall'aggiunto Tiziana Siciliano, per provare a fare luce sui circa cento decessi registrati alla Baggina dallo scoppio dell'epidemia di Covid. La decisione su Calicchio è maturata ieri sera ed è stata formalizzata quest'oggi. Al lavoro ci sono in particolare i Nas, che stanno acquisendo documentazione e procederanno ascoltando anche i dipendenti: è proprio dal personale che è partita la "denuncia" per la mancanza di dispositivi di protezione, che avrebbero veicolato il contagio all'interno del Pat.

Il numero intreccia le biografie più fragili. 1.882: tante sono le persone morte nelle Rsa lombarde dall’inizio dell’emergenza. È il dato comunicato da Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), in un dibattito che s’allarga giorno dopo giorno: «I numeri nelle Rsa sono molto cresciuti – ha rimarcato Brusaferro –. In alcune zone la mortalità è cresciuta durante settimane di picco dell’infezione mentre era presente comunque una mortalità legata ai picchi influenzali tra gennaio e febbraio e anche questa ha avuto una sua importanza in termini di mortalità».

Dalla Lombardia, il grido di dolore delle case di riposo s’allarga. E alle denunce s’affianca il lavoro d’indagine. Giudiziario - a Milano il pool guidato dall’aggiunto Tiziana Siciliano è al lavoro con un fascicolo sul Pio Albergo Trivulzio e un altro fascicolo su una decina di altre Rsa - e anche politico: ieri Attilio Fontana ha firmato il decreto di nomina della commissione d’inchiesta regionale sulle Rsa, che sarà presieduta da Mauro Agnello, già direttore dell’Agenzia dei controlli sul sistema socio-sanitario lombardo, e composta in tutto da dieci membri tra medici, professori universitari, esperti di risk management.

Sarà «una commissione di altissimo livello, autonoma e indipendente che vogliamo faccia una valutazione che si basi sui dati», ha spiegato Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare. Intanto, sempre ieri il Pat ha comunicato che «per rispetto dei lavori delle commissioni» e «a maggior ragione se si è aperto un procedimento penale», «si asterrà dal fornire dichiarazioni, agli operatori dell’informazione«.

Nel dibattito s’inserisce anche la voce di Confcooperative e Legacoop Lombardia, che hanno inviato una lettera al governatore Fontana: «Abbiamo più e più volte esposto la nostra preoccupazione per la carenza e le criticità nell’approvvigionamento di Dpi – si legge nella missiva –. Riteniamo che queste carenze abbiano condotto alle criticità più volte sottolineate e denunciate nella gestione dell’emergenza nel comparto sociosanitario rispetto alle strutture ospedaliere. Le polemiche e le inchieste di questi giorni sulle Rsa ci danno tristemente ragione».

Ma non c’è solo Milano a piangere le vite spezzate dei tanti nonni che vivevano nelle case di riposo. Drammatica è la situazione di Bergamo: nel solo mese di marzo, nelle Rsa orobiche sarebbero morte oltre 1.100 persone, il 21% del totale degli ospiti, e con l’inizio di marzo la percentuale sarebbe arrivata quasi al 25%. Lo denunciano Spi-Cgil, Fnp-Cisl, Uilp-Uil, sulla base dei dati forniti dalle associazioni che raggruppano le case di riposo sul territorio: «Purtroppo anche in questi giorni assistiamo ad un macabro ballo sull’esatta dimensione del fenomeno nelle Rsa della provincia di Bergamo», sottolineano i sindacati. La situazione più tragica è alla Rsa di Nembro, il centro maggiormente colpito della val Seriana: lì, a marzo sono morte 32 persone (a marzo 2019 i decessi furono solo 3), cioè il 36,8% degli ospiti.

Sarebbero 89, invece, i decessi alla Fondazione Carisma di Bergamo, in via Gleno in città, tra le strutture più ampie della provincia; il calcolo arriva dalla Cisl, sulla base dei posti liberi al 7 marzo. «Tra le cause i ritardi di chi è preposto nelle scelte da adottare. E poi dispositivi di protezione individuale che non arrivano, che forse secondo alcuni non servono, che non vanno usati perché intimidiscono gli ospiti», ha dichiarato Giulio Pennacchia della Fp-Cisl Bergamo. E ora si apre anche il fronte occupazionale: negli ultimi giorni sono state spedite lettere a 25 tra fisioterapisti, educatori e animatori chiedendo la disponibilità a mansioni “diverse e accessorie”.

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