giovedì 3 novembre 2016
Monferrato, novembre – Nella pianura gravava la nebbia, ma come si sale su queste colline spunta il sole: e tutto ciò che sembrava grigio e spento rinasce. Le chiome degli alberi sono fiammate porpora o gialle, e quanto rosse le viti americane avvinghiate ai muri. E struggenti i colori delle foglie, così effimere adesso, che un fiato di vento le porta via.
Per strada, attorno ai piccoli paesi, noti un movimento inconsueto: auto di forestieri sembrano, che esitano agli incroci, e finalmente convergono sul viale del cimitero.
Ne scende gente che i paesani faticano a riconoscere, gente che se ne è andata da tanto. «Quello è il figlio della Rosa», ci si dice a bassa voce, perchè chissà se si ricorda degli antichi vicini, quel ragazzo partito quaranta anni fa.
Cinquant'anni, quaranta, la vita intera passata lontano. Che cosa rimane? I vecchi, e a volte nemmeno; e cascine ora disabitate, gli scuri chiusi, e l'erba che si è ripresa il cortile. Eppure dai propri morti, a novembre, si torna; fedeli, e forse i più giovani senza nemmeno sapere perché, esattamente.
A vent'anni, la morte sembra così astratta e lontana. A cinquanta si avverte di colpo che oltre metà della vita è passata. E allora a novembre si torna dai morti, nel luogo di una radice comune e profonda. Nel fare memoria del dove da cui vieni, e di chi ti ha amato, quando eri bambino.
Scendono dalle auto e si guardano intorno, quasi come stranieri. Tra le mani hanno un gran mazzo di crisantemi. La strada per quella tomba, sì, se la ricordano: l'ultima a destra, in fondo. La ghiaia scricchiola sotto ai passi, come nelle corti della cascine di un tempo. La foto in cornice sulla lapide è di un giorno di festa remoto. E nome e cognome, e due date, e quel volto, sono tutto ciò che tra questi viali si può ritrovare. Un lungo viaggio, per restarsene muti a pregare con un mazzo di fiori in mano, e segnarsi, e andarsene in silenzio.
E poi magari si mangerà in trattoria, insieme ai parenti rimasti qui, e che stenti a riconoscere. Si berrà grignolino e barbera, e il rosso sangue del vino scioglierà per un poco i nodi del cuore. Si mangerà tanto, arrosti e agnolotti, quasi a dimostrare di essere, noi, assolutamente vivi. Poi in macchina, stanchi, si farà ritorno, mentre la nebbia come un sipario cala di nuovo.
A sera, i piccoli cimiteri chiuderanno i cancelli. Attorno, la chioma degli alberi arde negli ultimi rossi fiammanti. Se ne sono andati tutti, i vivi. Pensando, nel muto ritorno, a quella invalicabile misteriosa barriera cui si è, un anno dopo l'altro, impercettibilmente più vicini.
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