mercoledì 29 agosto 2012
«Non credo che l'anima si sciolga completamente dal corpo (…) L'unione col corpo si allenta quel tanto che basta per dare più gioco all'anima, che si raccoglie in se stessa e recupera la sua capacità di elevarsi». È un passaggio dalla riflessione sul sogno di Joseph Addison, pensatore settecentesco citato da Borges nel suo Libro di sogni. E particolarmente interessante il ruolo centrale attribuito all'anima, così forte da noncedere quando il corpo cade vinto dal sonno. L'uomo si interroga sul sogno dal giorno in cui fu tale e non più ominide. Ma il Novecento ha visto dominare in Occidente una concezione meccanica del sogno, tendente a privarlo della sua natura misteriosa, in ultima analisi inafferrabile, natura chei veri artisti conoscono dai tempi di Altamira. Qui, in questo pensiero fatto proprio da Borges che lo antologizza e adotta, il sogno è la prova della potenza dell'anima. La prova che il mondo fisico, la cui realtà è inconfutabile, non esaurisce lo spazio e la natura della realtà. Non si tratta, ripeto, di sottovalutare la realtà fisica, con tutto ciò che consegue, ma semplicemente di essere certi che non è l'unica, anche nella vita di tutti i giorni. Sapere che l'anima è potente, che il nostro corpo non è solo, può essere un ottimo antidoto all'abbattimento, la sfiducia, la depressione, malattie del nostro tempo.
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