venerdì 26 maggio 2017
Poche sere fa, nella Casa della cultura di Milano, si sono radunati diversi amici per ricordare un giornalista molto amato, morto due anni fa. Roberto Delera è stato in gioventù un militante di Lotta continua che, per la militanza (soprattutto in Sicilia) rinunciò a proseguire gli studi e si laureò già adulto, mentre si occupava di esteri al Corriere della sera. Non ha scritto molto, fuori dal mestiere, ma la sua tesi, che si spera di veder presto pubblicata e di cui nella serata in questione erano stampate copie destinate agli amici, mi è parso un testo appassionante e attualissimo. Il tema: «La solitudine degli ebrei di sinistra in Italia, dal dopoguerra all'attentato a Rabin», il titolo: L'asinello di Elisha, da un testo di Martin Buber presente nel Midrash che vale la pena di citare: un rabbi «pilastro dell'ortodossia, aveva per maestro di teologia un eretico» noto come Asher, che significa “lo straniero”. Discutono muovendosi l'eretico in groppa un asino e il rabbi, essendo sabato, a piedi, fino a un confine che gli osservanti non potevano attraversare nel giorno di festa, ma l'eretico prosegue, lo attraversa. Questo aneddoto appassionò Isaac Deutscher e di esso hanno scritto Arnaldo Momigliano e Alberto Cavaglion. Delera parla dell'«uomo di frontiera che rompe con il passato, dell'ebreo che supera la tradizione e che s'incammina a esplorare nuovi orizzonti». Roberto non era ebreo, ma aveva sposato un'ebrea e ha avuto di conseguenza un figlio ebreo. La sua tesi si sofferma soprattutto su due episodi cruciali per la storia degli ebrei post-Shoah: la “guerra dei sei giorni” (1967) che vide il trionfo di Israele ma anche la crisi e fine della speranza sionista, di uno stato socialista, e l'uccisione di Rabin, fautore della pace con i palestinesi e dell'incontro tra i due popoli, per mano di un giovane fanatico ebreo (1995). La solitudine degli ebrei di sinistra (ben rappresentata dal gruppo italiano che prese il nome da Martin Buber) e che al fondo di un libro recente di Enzo Traverso (Feltrinelli) che si interroga sul ruolo fondamentale avuto dagli intellettuali ebrei nella storia delle sinistra, un ruolo caduto in crisi con l'avvento dello stato di Israele, ha una lunga storia che Delera ricostruisce con ammirevole precisione e misura, con la sapienza dello storico vero e originale. La solitudine di cui parla, è stato detto da Luigi Manconi e Gad Lerner nella serata che lo ha ricordato, non è affatto diversa oggi da quella di chi «non ha sbrigativamente voltato le spalle ai valori in cui aveva creduto».
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