Una ricerca tutta personale che «scomoda» gli educatori
mercoledì 26 settembre 2018

Meno percorsi tradizionali, ma domande più profonde Mentre la comunità ecclesiale continua a offrire soprattutto percorsi di formazione standardizzati basati sull’iniziazione cristiana dei fanciulli a cui fanno seguito proposte di cammino di fede attraverso oratori, gruppi giovanili e aggregazioni laicali, che intercettano però una parte minoritaria di essi, i giovani sembrano non essere più interessati a quanto propone la comunità ecclesiale e non collegano più in modo diretto la loro esperienza di fede a quanto proposto dalla Chiesa, almeno nella sua prassi ordinaria.

Ciò non significa che sia scomparso dal loro orizzonte esperienziale il tema della fede, piuttosto si sentono liberi di cercare un loro personale vissuto religioso più o meno intenso e profondo, ma anche sempre meno collegato ai percorsi tradizionali e istituzionali della comunità ecclesiale. Da qui la felice sintesi di una fede 'a modo mio' che i giovani sperimentano e modulano a prescindere dai cammini tradizionali, cercando esperienze forti, ambienti spirituali caldi e accoglienti, figure significative con cui confrontarsi in una ricerca spirituale, giungendo a sintesi personali che a volte sfiorano il sincretismo o perlomeno risultano essere il frutto di 'cocktail spirituali', magari accattivanti ma dalla composizione poco coerente con i fondamenti e la natura della fede cristiana. La ricerca sui giovani ha confermato, forse anche al di là di quanto ci si aspetti o si percepisca, che la domanda religiosa e la ricerca sul piano della fede è tutt’altro che sopìta.

Se non si iscrive all’interno delle forme espressive tradizionali e non si manifesta molto all’esterno, ciò non toglie che sia molto profonda nell’intimo dei giovani e ben più importante di quanto non dichiarino abitualmente. (...) Quale fede vivono realmente i giovani? Chi può, e come, annunciare e testimoniare loro il Vangelo di Gesù Cristo? Ci sono esperienze significative e paradigmatiche di educatori capaci di incrociare le domande e la sensibilità di questi giovani per educarli alla fede? Come la Chiesa prepara oggi gli operatori pastorali che a diverso titolo e in vari modi sono inviati ad accompagnare ed educare i giovani nel loro cammino di fede? È evidente che non basta interrogare i giovani per capire quale sarà il futuro della fede. Occorre fare un passo avanti e verificare che cosa succede sul versante degli educatori.

Questo secondo passaggio del dittico è strettamente legato al primo e sarebbe pertanto poco comprensibile senza leggerlo in continuità con il lavoro svolto sulla fede dei giovani. Ne scaturiscono singolari convergenze, reciproche illuminazioni, interessanti interazioni che ci consentono di comprendere l’inscindibile legame nel processo di trasmissione della fede tra l’esperienza vissuta dai giovani e la missione educativa della Chiesa. (...) In piena sintonia con la domanda di relazioni autentiche dentro cui far crescere un’esperienza spirituale, già chiaramente emersa nella ricerca sulla fede dei giovani, anche gli educatori insistono molto sul fatto che il rapporto diretto, sincero e profondo è la via maestra e la condizione imprescindibile per poter dar vita ad una effettiva dinamica di carattere educativo.

Nei giovani non suscitano alcun interesse le proposte di formazione religiosa tradizionali che assomigliano a lezioni dove la fede appare come un insieme di nozioni e di pratiche non capaci di toccare la vita e di riscaldare il cuore. Ma modificare le prassi consolidate e i modelli fino ad ora adottati non è semplice. Emergono comunque interessanti esperienze e iniziative segnalate dagli intervistati da cui si coglie il desiderio sincero di mettersi al passo con i giovani, condividendo con loro momenti e situazioni di vita. Non è un caso che tra le iniziative in grado di registrare maggiore successo ci siano i pellegrinaggi, forma certamente antica ma oggi sentita dai giovani come corrispondente al bisogno di mettersi in gioco, di andare oltre i percorsi abituali e i confini tracciati, per fare esperienze nuove e misurarsi, più che con una meta geografica, con una proposta spirituale incarnata dalla meta, dai compagni di viaggio, dalle tappe del cammino stesso. Molti educatori vedono nello 'stare vicino' e nel 'camminare insieme' i presupposti per una vera rigenerazione spirituale dei giovani.

Diversi parlano esplicitamente di vera 'esperienza generativa', tema che oggi viene studiato da molti e che si innesca quando i giovani scoprono che l’incontro con Gesù e la partecipazione alla vita della comunità ecclesiale sono la risposta adeguata alla loro ricerca di senso, di felicità e di una vita pienamente realizzata. Quando il percorso educativo nasce dal cuore di chi si prende cura dei giovani e tocca il loro cuore si assiste davvero al miracolo della rinascita umana e spirituale. Questo fermento di feconda rigenerazione, che sebbene non sia generalizzato, è però ben presente nelle esperienze narrate.

Colpisce tanto più quanto maggiore è la situazione di aridità e di sterilità spirituale che spesso oggi accompagna la vita delle famiglie e delle comunità ecclesiali. Quello della 'generatività' è un tema che, sullo sfondo del grande freddo demografico che avvolge il nostro Paese, assume valenze ben più ampie e profonde della solo dimensione religiosa e va a cogliere una questione antropologica fondamentale su cui si stanno moltiplicando studi e ricerche di grande interesse anche dal punto di vista culturale, sociale e spirituale, nella consapevolezza che davvero su questa capacità generativa e rigenerativa si gioca non solo il futuro dei giovani, ma quello dell’intera umanità. Assistente ecclesiastico generale Università Cattolica del Sacro Cuore

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