martedì 20 dicembre 2022
Kiev ha riconquistato il 54% del territorio perduto nell'invasione, con pesanti perdite e devastazioni. La strategia del gelo di Mosca mette il Paese in difficoltà. Cremlino e Nato davanti a un bivio
Ucraina

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La guerra in Ucraina è giunta al suo 300° giorno. Un altro giorno triste di attacchi russi a obiettivi civili per fiaccare la resistenza della popolazione. Per molte ore è mancata completamente l’acqua a Kiev, dove i missili hanno colpito la rete elettrica impedendo il pompaggio nel sistema idrico della città. Ma l’elettricità non arriva ormai in molte case, scuole e industrie sparse in tutto il Paese, mentre il freddo morde, le attività economiche si riducono e la gente, soprattutto nelle campagne, sembra violentemente risospinta verso un passato di gelo e di stenti.

Al fronte si continua a morire dal tragico 24 febbraio, in cui Vladimir Putin diede l’ordine di invasione. Emerge in queste ore che il Cremlino avrebbe fermato in due occasioni precedenti l’avvio dell’“operazione militare speciale” contro il Paese vicino e “fratello”. Una operazione decisa per difendere i gruppi russofoni discriminati, per denazificare Kiev o per impedire che la Nato e l’Occidente “collettivo” vi ponessero basi e missili capaci di minacciare direttamente Mosca. Le ragioni dell’aggressione sono state infatti variamente declinate e sono infine sfumate come vaghe e inconsistenti di fronte alle torture, alle uccisioni, ai bombardamenti indiscriminati di questi ultimi dieci mesi.

L’aggressione allo Stato sovrano ha visto la nazione guidata da Volodymyr Zelensky vacillare nelle prime settimane e perdere circa un terzo della propria superficie statuale. Dopo 300 giorni di guerra, la resistenza ucraina ha liberato circa il 54% della quantità massima di territorio conquistato dalla Russia, secondo calcoli diffusi dal ministero della Difesa britannico. Mosca ora controlla circa il 18% delle aree ucraine riconosciute a livello internazionale, comprese le regioni del Donbass e della Crimea sotto dominio di Mosca dal 2014. Tutto ciò malgrado il Cremlino abbia fatto svolgere referendum farsa in quattro regioni e ottenuto il via libera all’annessione formale di essi alla Federazione.

Questi dati farebbero pensare che l’inerzia del conflitto, grazie all’appoggio dell’Alleanza Atlantica e dell’Europa, sia passata a favore dell’Ucraina, ma sarebbe un’impressione sbagliata. La nuova strategia russa di puntare all’annichilimento delle infrastrutture energetiche del nemico sta mettendo in difficoltà il sistema Paese e, quindi, rende complicato proseguire la controffensiva che ha ottenuto vistosi successi recenti. Saranno le decisioni occidentali sul supporto militare a decidere come il conflitto si svilupperà sul campo prossimamente. Ma di certo, cadute le speranze di una tregua natalizia, è difficile pensare che non si arriverà a vedere un anno di guerra il prossimo 24 febbraio.

Con i combattimenti portati nel cuore dell’Europa, milioni di profughi in fuga dalle bombe e lo spettro di un’ulteriore escalation, anche il mondo sta cambiando. Si ridisegnano le alleanze e i blocchi, si assiste al “Ritorno degli imperi” come ha titolato il suo recente libro di analisi geopolitica Maurizio Molinari. Le grandi potenze si schierano sullo scacchiere mondiale intorno a un conflitto in cui la Russia ha evocato l’uso delle armi nucleari e gli Usa tentano la carta del logoramento sul lungo periodo della potenza bellica ed economica del gigante russo, rivelatosi di nuovo portatore di un progetto espansionista ed egemonico di una propria “area vitale”.

L’Europa sta cercando di svincolarsi dalla dipendenza energetica da Mosca e di tenere unito il fronte pro-Kiev. Putin fa i conti con un Paese stanco della mattanza di soldati al fronte e restio a nuove mobilitazioni, ma che ugualmente non riesce a mobilitare una protesta efficace contro il conflitto restando di fatto a fianco del Cremlino. Zelensky ieri ha visitato la prima linea di Bakhmut, dove le forze ucraine e russe stanno combattendo una feroce battaglia da molte settimane per dare un segnale di forza all’avversario. L’altro giorno il presidente russo si era recato a Minsk per cercare di convincere il presidente bielorusso Alexander Lukashenko a mandare le sue truppe in battaglia per allargare il conflitto e circondare di fatto l’Ucraina.

Intanto bombe hanno colpito la città russa di Shebekino, nella regione di Belgorod. L'attacco ha provocato l'interruzione delle forniture idriche ed elettriche. E due giornalisti italiani , Claudio Locatelli e Niccolò Celesti, sono rimasti leggermente feriti in quello che hanno definito un "attacco intenzionale" arrivato dalle postazioni dell'esercito russo a Kherson. I 300 giorni sul calendario della guerra promettono soltanto altri lutti e altre devastazioni.

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