martedì 17 febbraio 2015
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Rosso è il colore del sangue. Ed è rosso sangue di uomini quello che domenica è stato versato nell’acqua del Mediterraneo durante l’esecuzione di massa di ventuno cristiani, trucidati dai tagliagole che si sono autoproclamati "soldati" dello Stato islamico in Libia, cioè di una fede ridotta a ideologia di sopraffazione e di morte.Rosso è il colore del sangue. E rosso sangue è la vernice con cui un manipolo di autoproclamati "soldati" in guerra ideologica con chi afferma e difende la realtà naturale della famiglia ha simbolicamente attaccato una chiesa di Lecce e ricoperto il volto di una statua della Madonna. Non immaginavano, costoro, che cosa avrebbero evocato e quanto quel gesto pensato come insulto sarebbe diventato rosso segno di una violenza e di un’ingiustizia più feroci e più grandi e, involontariamente, simbolo di verità: il sangue e la sofferenza dei figli – ovunque versato, ovunque provata – sono il sangue e il dolore della Madre.Scura è la pelle di coloro che hanno ucciso, e scura è la pelle di coloro che sono stati uccisi dall’altra parte del mare, «a sud di Roma». Nati gli uni e gli altri sulla riva africana del Mediterraneo, di qua e di là del confine tracciato dall’uomo che distingue libici ed egiziani. Pallida è, invece, la pelle dei morti e dei feriti di Copenaghen e pallida è anche la pelle del giovane danese, di origini arabe, che sabato scorso ha ammazzato e che, infine, a sua volta è stato ammazzato. Perché la pelle – nessuna pelle – nulla dice di decisivo sulla natura delle persone che agiscono e sulla qualità delle loro idee e del loro cammino su questa terra. Ma tutto questo non lo vedono e neanche lo immaginano coloro che, sulla sponda europea di questo mare nostro, cioè comune, pensano e predicano di fermare il "pericolo" confondendo carnefici e vittime e catalogandoli – proprio a partire dal colore della pelle che portano – come parte di una stessa "razza nemica". Il nemico è il pensiero totalitario – a base religiosa o laica – che pretende di imporsi come unico, che esercita dominio, che non distingue più il male e il bene e neanche i lineamenti degli uomini e delle donne di cui parla e che tacita, usa, offende, umilia e in troppi modi massacra.Multicolore è la bandiera della pace. Ma da tempo quella bandiera multicolore non sta più nelle nostre teste e alle nostre finestre, anche se c’è ben poca pace nel mondo che – come continua a dirci papa Francesco – è squassato da una «guerra mondiale a pezzi». Quel po’ di pace, però, ce la siamo fatta bastare, noi che possiamo. Noi che, sinora, abbiamo potuto illuderci che a questa «guerra a pezzi» che altrove fa a pezzi l’umanità – in Siria, in Iraq, nell’Africa sub-sahariana, nell’America Latina dei narcos, in Asia, persino nel Caucaso e, ora, in Ucraina – sia lecito e tutto sommato saggio concedere qualche sguardo indifferente. (Per questo con fastidiosa e necessaria intensità ci ostiniamo a raccontarla, una e molteplice, su queste pagine di giornale, sempre più convinti che solo se cominciamo a vederla davvero nelle sue ributtanti e intollerabili realtà possiamo cominciare finalmente a farla finire). E però a nulla servirà sciorinare di nuovo le bandiere della pace, se non sapremo concepire e far nascere una legge di pace nella giustizia e nella libertà. Se cioè non sapremo scriverla in tutte le lingue del mondo, quella legge, con lo stesso "lessico" e la stessa "grammatica" dei diritti e dei doveri e, soprattutto, se non sapremo applicarla. Spezzando il commercio di armi, e spezzando – con tutta la forza e la concordia necessarie – le armi oggi usate per schiantare libertà, negare fraternità e uguaglianza, disgregare popoli, sradicare intere comunità religiose ed etniche.Ci saranno anche gravi passi da compiere lungo questa strada. Ci saranno, temiamo, prezzi da pagare. Bisognerà farlo con decisione e saggezza. Senza cedere alle paure. Senza perdere in umanità. Senza ripetere le presuntuose e tragiche avventure belliche che nel Vicino Oriente e in Nord Africa hanno funestato il recente passato, sconvolto il mondo euromediterraneo ed eccitato (e armato) il mostro jihadista. Quello che oggi alza bandiere nere e si rivela col rosso sangue degli uomini assassinati e nella sofferenza delle donne rese schiave e sacrificate.
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