martedì 25 novembre 2008
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Si continua a parlare di laicità: anche la dolorosa vicenda di Eluana ha risollevato il dibattito sul tema. Ma pochi si rendono conto che, rispetto al passato, la problematica della laicità tende a porsi oggi in contesti del tutto diversi. In effetti in Occidente, seppure per vie diverse e con assetti giuridico-istituzionali differenti, tutti gli Stati si sono più o meno accentuatamente avvicinati ad un paradigma di sostanziale laicità. Anche se tutto è perfettibile, la libertà religiosa individuale, collettiva ed istituzionale è pressocché ovunque una meta conquistata; lo stesso dicasi per l'eguaglianza senza distinzioni di credo religioso. Il fatto è che il problema della laicità si sposta su altri terreni, rispetto a quello religioso, e nei confronti di altri poteri, rispetto a quello tradizionale dello Stato. Dal primo punto di vista, mi pare di dover notare che il problema della imparzialità dello Stato a fronte delle diverse posizioni esistenti nella nostra società pluralistica non si pone più " o quantomeno non si pone più in maniera prevalente " rispetto alla religione, ma si pone piuttosto rispetto all'etica. Viviamo, come noto, in quell'età preconizzata da Max Weber del "politeismo etico" e questo fa problema per le scelte che lo Stato deve compiere. Non a caso la bioetica e la biogiuridica costituiscono, oggi, il terreno di maggior affronto e contrasto tra visioni diverse. Al riguardo giova osservare che il fenomeno ha assunto connotazioni esemplari in Italia, dove il problema della laicità è esploso solo negli anni '80, ed in realtà non per ragioni propriamente religiose, ma quando il pluralismo delle tavole di valori etici era fatto ormai compiuto nella nostra società e dopo che il legislatore aveva dovuto cominciare ad occuparsi di questioni sensibili dal punto di vista etico (divorzio, aborto, interventi vari nell'ambito biomedico). Ma cambiano anche i soggetti nei cui confronti si rivolge l'istanza ad una imparzialità nell'agire. Basti pensare al fatto che, soprattutto a seguito del procedere del fenomeno della globalizzazione, si assiste al declino dello Stato e, quindi, al cedere del tradizionale primato del potere politico. Tale declino è accompagnato dalla ascesa di nuovi poteri, tra l'altro di carattere trans-nazionale: innanzitutto il potere economico, ma anche altri come quello mass-mediale e quello scientifico-tecnologico. Si tratta di poteri che tendono ad essere autoreferenziali e insofferenti di ogni etero-regolamentazione, non solo in senso giuridico ma anche in senso etico. L'esigenza che oggi cresce sempre più è che questi poteri in ascesa, oltre a divenire pure loro una "casa di vetro" e ad acquisire una sensibilità democratica nel loro agire, operino "laicamente" e non diventino strumenti di sopraffazione di una delle varie posizioni sussistenti nel corpo sociale. A me pare che in siffatti, assai mutati contesti, il tema della laicità debba innanzitutto passare da una irraggiungibile neutralità degli apparati pubblici o delle altre istituzioni sociali ad un raggiungibilissimo metodo di relazione nella vita della società civile e politica, nel quale alla forza delle posizioni delle singole parti che si confrontano si sostituisce la forza della ragione. Quella forza dell'argomentazione razionale, che è continuo oggetto di richiamo nel magistero di Benedetto XVI.
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