giovedì 23 marzo 2023
Dopo il ritiro di una proposta di legge stravolta emendamenti peggiorativi
Il carcere minorile Beccaria a Milano

Il carcere minorile Beccaria a Milano - IMAGOECONOMICA

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Gentile direttore,
abbiamo dovuto assistere a un triste epilogo, almeno per il momento, per la proposta di legge sulla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori; un epilogo che ci lascia estremamente amareggiati, perché arresta un percorso, portato avanti negli anni, di positiva collaborazione tra Parlamento e organizzazioni della società civile.
La presenza, a oggi sono 24, di bambini costretti a trascorrere i primi anni di vita negli istituti penitenziari assieme alle madri detenute è una contraddizione inaccettabile del nostro sistema; un paradosso sul quale negli ultimi anni ci siamo impegnati, attraverso la campagna «L’infanzia non si incarcera» e in sinergia con altre organizzazioni, per richiamare l’attenzione pubblica e delle istituzioni e per formulare e sollecitare l’adozione di soluzioni di sistema idonee a risolverlo definitamente. Ciò nella convinzione che la tutela della salute psicofisica dei bambini debba prevalere su ogni altra ragione o interesse pubblico e debba costituire il principale, se non l’unico, criterio guida per la costruzione di misure dedicate.
Su questo terreno ci siamo impegnati nel tempo nella formulazione e richiesta di soluzioni concrete e in una proficua e intensa collaborazione con Paolo Siani e gli altri deputati che, nella scorsa legislatura, hanno lavorato alla proposta di legge - della quale “Avvenire” ha dato puntualmente conto – tesa a rimuovere quegli ostacoli e quei limiti, di natura giuridica ed economica, che continuano a produrre nuovi ingressi di bambini in carcere al seguito delle madri. Tra le più apprezzabili, in particolare, le disposizioni rivolte a sostenere e promuovere il sistema delle “case famiglia” protette come modello alternativo alle soluzioni detentive di madri e bambini, comprese quelle della detenzione cosiddetta attenuata in ICAM.

La proposta di legge, che nella scorsa legislatura non aveva potuto completare il suo iter in seguito alla caduta del governo Draghi, è stata ripresentata nella legislatura corrente, su iniziativa della deputata Serracchiani, e si trovava fino ad oggi all’esame della Commissione Giustizia della Camera, che avrebbe dovuto in queste ore licenziare il testo per il successivo passaggio in aula. Contrariamente alle nostre aspettative, l’esame del provvedimento ha subito una prima battuta d’arresto a causa della presentazione di alcune proposte emendative, da parte della deputata Varchi di Fdi, che stravolgevano totalmente l’impianto originario del testo, contraddicendone finalità e motivazioni. Per queste ragioni, avevamo rivolto un appello al presidente e ai componenti della Commissione, unitamente a un gruppo di 14 Associazioni e di Garanti dei diritti delle persone detenute, perché si recuperasse il provvedimento nella sua versione iniziale.

Nonostante questo, quegli emendamenti sono stati riformulati in senso ulteriormente peggiorativo. Da un lato, si è proposto il ricorso in automatico, in presenza di recidiva, alla detenzione in Icam di madri e bambini, alimentando, nella direzione opposta a quella originaria, nuovi ingressi in contesto detentivo. Dall’altro, si è proposta addirittura una modifica in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena, prevedendo l’ingresso in carcere anche per le donne in stato di gravidanza e le madri di bambini con meno di un anno di età. Un peggioramento gravissimo, quindi, della normativa già vigente.
Iniziativa, quest’ultima, presentata come misura «contro le donne borseggiatrici», che strumentalizzerebbero le gravidanze per evitare il carcere. Iniziativa, pertanto, che lascia sconcertati per il substrato di pregiudizio e propaganda che sottende e che meriterebbe una levata di scudi unanime, anzitutto da parte di tutte le donne parlamentari.
Le forze politiche cha hanno determinato l’affossamento, in seguito al ritiro a questo punto inevitabile, dell’intera proposta di legge, si sono assunte la responsabilità di aver arrestato un percorso di civiltà, che mirava unicamente a superare il problema dell’incarcerazione dell’infanzia.
Come CittadinanzAttiva continueremo il nostro impegno per tenere viva l’attenzione sul problema dei piccoli detenuti e perché si recuperi il lavoro finora fatto.

Coordinatrice nazionale Giustizia per i diritti - CittadinanzAttiva

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