Ma pregare Dio non è mai mercanteggiare
giovedì 22 aprile 2021

Cambiano i tempi, i rapporti di forza, gli equilibri della storia. Solo resta uguale il cuore dell’uomo e della donna che da sempre quando soffrono chiedono aiuto, e se hanno la fede si rivolgono a Dio. Si chiede a Lui conforto per sostenerci nel dolore, la luce per uscire dal buio, si invoca la guarigione. La preghiera in fondo non è che questo: un dialogo con il Signore in cui ciascuno a proprio modo racconta quello che ha dentro, in cerca di risposte. Non si tratta di mettere un gettone nella macchinetta, non è una forma di magia, chi prega sa benissimo che la soluzione divina potrebbe essere in contrasto con quello che spera. Però sa anche che a muovere il Padre celeste è un amore infinito per ciascuno dei suoi figli, figli che proprio come una grande famiglia, nei momenti di difficoltà si ritrovano, si avvicinano, si stringono in un abbraccio.

La maratona di preghiera sollecitata dal Papa nei santuari per il mese di maggio - da qualcuno vista con un pizzico di malcelata insofferenza - è questo: un moltiplicarsi di voci per rendere più forte il grido che chiede la fine della pandemia. Una preghiera di tanti, una preghiera per tutti che è già parte della storia di questi lunghi mesi e che il 27 marzo 2020, a piazza San Pietro, ha trovato diretta e indimenticabile forza grazie alla riflessione, all’orazione e all’adorazione di Francesco.

Non si tratta di mercanteggiare con l’Onnipotente, ma di aprirgli le porte del nostro cuore, che forse non sa neanche bene che cosa domandare, però si fida. Come fa dall’inizio della storia, come succede in tutte le religioni, e non ha importanza il titolo di studio e la preparazione teologica. Conta la sincerità con cui ci si rivolge a Lui, conta il riconoscersi piccoli davanti all’infinita grandezza, conta l’essere disponibili alla Sua volontà. È una questione di testa, di respiro di vita nuova, di mani che si uniscono. Ed è una questione di cuore.

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