Le armi spuntate dei democratici contro il «muro» eretto da Trump
domenica 31 marzo 2019

Farsi rieleggere nel 2020 sarà come «fare una passeggiata in un parco». Non solo: Donald Trump ha assicurato che da qui al novembre 2020 otterrà i risultati di politica interna che gli sono sfuggiti finora, dalla costruzione del muro con il Messico all’abrogazione della legge sull’assistenza sanitaria del suo predecessore, l’Obamacare, da una riforma dell’immigrazione al lancio di un ambizioso piano di infrastrutture.

Nulla, in questi giorni, appare fuori dalla portata del presidente americano. E perché dovrebbe? La sua Amministrazione è appena sopravvissuta a un’inchiesta che per oltre 22 mesi ha passato al setaccio ogni angolo della vita del magnate e della sua famiglia. Anche se l’indagine nota con il nome Russiagate non ha identificato esplicitamente prove di comportamenti criminali da parte del capo della Casa Bianca (non assolvendolo però dal sospetto di intralcio alla giustizia), la sua semplice esistenza e i dubbi che ha sollevato avrebbero indebolito molti altri inquilini di Pennsylvania avenue. Ma non Trump. Lui, che non ha mai smesso di liquidare l’inchiesta come una «caccia alle streghe» e di cercare di screditare il procuratore speciale che l’ha condotta, Robert Mueller, esce dalla pubblicazione delle conclusioni a testa alta, determinato ad andare avanti per la strada che l’ha portato a vincere le elezioni nel 2016.

La copertina della rivista Time di questa settimana, che lo ritrae 'cantando sotto la pioggia' con ombrello in mano e sorriso sornione, sullo sfondo del Campidoglio a Washington, riassume al meglio il senso di vittoria, e di desiderio di rivincita, che emerge da ogni messaggio scritto e da ogni apparizione pubblica del presidente negli ultimi giorni. «Tutti i democratici, i giornalisti imbroglioni e gli analisti disonesti che hanno dato vita alla più grande menzogna della storia politica americana – ha minacciato durante un comizio in Michigan parlando del Russiagate – saranno ora chiamati a renderne conto».

Ed è con questa incredibile capacità di aggirare gli ostacoli, di demolirli a colpi di messaggi su Twitter o, semplicemente, di ignorarli finché gli americani non se ne stancano, che i democratici non hanno ancora imparato a fare i conti. L’opposizione in Congresso, e i candidati alla presidenza che si sono annunciati finora per sfidare il capo della Casa bianca repubblicano il prossimo anno, insistono nell’affrontare Trump con le armi tradizionali della politica. Che lui, puntualmente, riesce a far apparire spuntate e inadatte a tenergli testa.

Trump nel 2016 si è lanciato in campagna elettorale come un elefante in una cristalleria. E circa metà degli americani, quel poco meno del 50 per cento che ha votato per lui e che, grazie alla matematica intricata del sistema del collegio elettorale, lo ha catapultato nell’Ufficio ovale, si è sentita rassicurata dalla sua audacia. I suoi elettori – prodotto di un’America sempre meno internazionalista, sempre più chiusa su se stessa e preoccupata per il futuro, che offre sempre meno opportunità ai meno privilegiati – si sono sentiti protetti dall’ostentata libertà di una persona che rifiuta di piegarsi alle regole del gioco.

Il Trump negli ultimi due anni si è disfatto di tutti i ministri e collaboratori che hanno osato contraddirlo. Agli americani spaventati dall’ingresso di immigrati irregolari ha risposto con una sola parola: «Muro». Ai media che mandavano in onda reportage su affari poco chiari delle sue imprese con la Russia o sui metodi che ha trovato per aggirare il fisco ha contrapposto il mantra: «Fake news».

Ha funzionato nel 2016. Se funzionerà ancora nel 2020 dipende dai democratici. Che finora, invece di rispondere all’elefante con un dinosauro, alla granata esplosa nel modo di fare politica a Washington con un ordigno nucleare, insistono nel presentarsi agli elettori americani come coloro che rimetteranno le cose in ordine, che torneranno alla prevedibilità. Ma è inutile tentare di fare pulizia con una scopa dopo l’esplosione di una bomba. L’America, eleggendo Trump, piaccia o meno, ha cambiato direzione. Le stesse proposte, e spesso le stesse facce, del 2016, non la faranno tornare indietro.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI