La democrazia è l'eurosogno delle repubbliche ex sovietiche
martedì 22 marzo 2022

Caro direttore,
l’aggressione della Russia all’Ucraina è un conflitto europeo. Non solo perché insiste su un territorio che è geograficamente Europa, ma perché riguarda precisamente il rapporto – mai stabilizzatosi dopo la fine della guerra fredda – fra Russia ed Europa. La richiesta pressoché contemporanea di ingresso nell’Unione Europea di Ucraina, Georgia e Moldavia dimostra che questi Paesi ritengono la loro sovranità e autonomia meglio garantite sotto la bandiera europea che sotto l’influenza di Mosca.

Ciò che è in gioco, infatti, è precisamente la libertà di darsi un governo – quella che i latini chiamavano libertas – in nome della quale i cittadini di questi Paesi sono disposti a esporsi a un rischio enorme, sfidando il gigante russo. Il potere di attrazione della costruzione europea è molto forte: istituzioni democratiche, imperfette, ma libere e coordinate non solo sul piano economico, ma anche su quello politico. Al contrario, tutti sembrano voler fuggire dalla 'protezione' offerta dal Cremlino. Quest’ultimo, anche se riuscirà a piegare la resistenza ucraina, avrà a lungo a che fare con fortissime opposizioni interne.

È dunque l’Unione Europea, più ancora che la Nato, il nemico che il Cremlino teme, quello che, per la sola attrattiva delle sue istituzioni, può sottrargli il controllo dei Paesi confinanti. Questa forza ideale non corrisponde però a una forza effettiva, cioè militare ed energetica. In tale aspetto risiede la vera debolezza europea, il perno su cui l’a- zione di Vladimir Putin fa leva, sottostimando, però, due fattori: la determinazione delle nazioni ex-sovietiche a non ricadere sotto il suo controllo e l’unità generata dall’attacco all’interno della Ue. Gli esiti a medio termine del conflitto dipendono da questi ultimi e non sono nelle mani del presidente russo.

Da un punto di vista politico, il contrasto riguarda un certo modo di esercitare il potere: se le democrazie europee risultano certamente deboli in rapporto all’esercizio della forza (e in questo sono senz’altro diverse dagli Stati Uniti d’America), la Russia mostra in questo frangente una struttura verticistica, in cui non vi è un reale contrappeso da parte di un’opposizione parlamentare o dell’opinione pubblica, le cui manifestazioni sono duramente sedate e disperse.

È per questo che il contrasto fra Europa e Russia diviene, a causa di questo conflitto, più profondo e difficile da superare. Sarebbe però un grave errore assumere un atteggiamento ostile verso la cultura e i cittadini russi: proprio perché la deriva autoritaria del Cremlino non è l’intero della mentalità politica russa, occorre mantenere aperto un dialogo, in particolare con il mondo accademico e intellettuale. Sospesa fra Europa e Asia da sempre, la Russia non può né essere respinta verso Est né essere assorbita da Ovest. Le democrazie europee smentirebbero sé stesse se chiudessero le porte ai cittadini russi. È da questa apertura che si può sperare, un giorno, di far uscire la Russia dall’attuale isolamento.

Preside della facoltà di Filosofia Università Vita-Salute San Raffaele

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