sabato 5 marzo 2022
I giudici aprono una crepa nel «confine-muro», blindato ai profughi in arrivo dal Messico dal marzo 2020
Famiglie centroamericane accampate a Reynosa in attesa di chiedere asilo

Famiglie centroamericane accampate a Reynosa in attesa di chiedere asilo - Msf

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L'emergenza sanitaria non è più una ragione sufficiente blindare il confine meridionale alle famiglie di aspiranti rifugiati ed espellerli in Paesi dove corrano il rischio di abusi. La regolamentazione messa in atto dall’ex presidente repubblicano, Donald Trump – il cosiddetto “Titolo 42” –, in vigore da marzo 2020, resta formalmente in essere. La corte d’appello del distretto di Columbia, però, vi ha introdotto venerdì un’importante deroga che si somma a quella introdotta da Joe Biden per i minori soli. Ora gli Usa hanno il divieto di rimpatrio dei gruppi familiari in fuga da persecuzioni e gravi violazione dei loro diritti fondamentali. Un passo importante, secondo le organizzazioni per la difesa dei migranti che ribalta i precedenti pronunciamenti dei tribunali Usa. E segna un precedente. La gran parte di questi ultimi sono profughi della violenza bellica centroamericana. Un conflitto invisibile che dilania El Salvador, Honduras, Guatemala oltre allo stesso Messico. Le cifre sono a tutti gli effetti da bollettino di guerra. Venerdì sera, nella città messicana di Zacatecas è stato assassinato il giornalista Juan Carlos Muñiz, il settimo da gennaio. In nessun altro Paese al mondo, al momento, si registra una simile offensiva contro la stampa. Dimostrarlo, però, non è semplice. Anche perché allo stesso Biden fa comodo frenare il flusso di migranti, cresciuto esponenzialmente nell’ultimo anno, a causa dell’emergenza economica provocato dal Covid. L’immigrazione sarà uno dei nodi fondamentali della campagna per le elezioni di midterm. E i democratici non vogliono dare sponda ai repubblicani. All’interno dell’Amministrazione, tuttavia, cresce lo schieramento dei contrari al “Titolo 42” e l’attuale sentenza lo rafforza.

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