mercoledì 23 ottobre 2019
I cadaveri sono stati trovati in un cassone refrigerato di un tir. Possibile decesso per asfissia o assideramento. Il mezzo è entrato nel Regno Unito dal Belgio, dopo esser partito da Sofia
Il camion della morte parcheggiato ieri nell'area industriale a 35 chilometri da Londra (Ansa)

Il camion della morte parcheggiato ieri nell'area industriale a 35 chilometri da Londra (Ansa)

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Il camion della morte in cui, ieri, a Grays, 35 chilometri da Londra, sono stati trovati i corpi senza vita di 39 migranti, tra cui un adolescente, è un moderno articolato bianco e rosso, con cassone refrigerato, abbellito sul parabrezza da una macabra scritta adesiva: "ultimo sogno". La polizia locale lo ha intercettato nella notte, poco prima delle due, in Eastern Avenue, tra i magazzini dell’area industriale Waterglade. Il mezzo, registrato a Varna, in Bulgaria, era appena stato abbandonato dal conducente, Mo Robinson, 25 anni, nordirlandese, che stava cercando di fuggire lasciandosi alle spalle il carico di orrore che aveva sin lì trasportato. Fermato dagli agenti, l’uomo è stato posto in carcere per presunto omicidio. Le drammatiche manovre di recupero dei cadaveri sono cominciate all’alba mentre gli inquirenti cercavano di mettere a fuoco i dettagli di quello che le autorità locali e nazionali hanno definito un «terribile incidente». La polizia usa con cautela il tema dell’immigrazione irregolare per risalire ai responsabili dell’accaduto ma le indagini, condotte insieme al ministero degli Interni, seguono nei fatti questa pista. I nodi da sciogliere sono tanti: chi erano le vittime? Come e quando sono morti? E soprattutto: chi sono i trafficanti che li hanno portati a morire nel Regno Unito?

Andrew Mariner, sovrintendente capo della polizia, garantisce che la priorità degli investigatori è «identificare i corpi», ma, avverte, «il processo si profila lungo». Un dato certo, intanto, c’è già: il Tir era registrato a Varna, località bulgara sul Mar Nero, per mezzo di una società intestata a un cittadino irlandese. Dettaglio, confermato anche dal ministero degli Esteri a Sofia, che suggerisce agli inquirenti di considerare come probabile l’ipotesi che si trattasse di cittadini bulgari, o comunque provenienti dall’Europa dell’Est. Attraverso i Balcani, va però ricordato, transita verso l’Europa occidentale anche il flusso di migranti nordafricani, fattore che lascia aperta, come suggeriscono gli stessi inquirenti, ogni altra opzione possibile. «Continuiamo a lavorare con le autorità locali e internazionali per raccogliere informazioni necessarie a identificare coloro che hanno perso la vita» ha spiegato un portavoce della polizia che, per favorire la raccolta di indizi, ha istituito un numero di telefono internazionale.

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Altra certezza è che il mezzo è entrato nel Regno Unito, ieri, mezz’ora dopo la mezzanotte, dal Belgio. Da Bruxelles hanno confermato che il tir è stato imbarcato al porto belga di Zeebrugge su un traghetto che lo ha trasportato fino al molo britannico di Purfleet, sul Tamigi. In un primo tempo, la polizia aveva riferito che l’articolato era entrato nel Regno Unito il 19 ottobre a Holyhead, un porto sulla costa ovest del Paese che collega il Galles all’Irlanda.

Resta da capire come e quando i migranti della rotta "Sofia-Zeebrugge-Purfleet", quasi tremila chilometri di tragitto terra-mare, siano morti. Sembra che il rimorchio del mezzo fosse disposto di un sistema di refrigerazione, capace di arrivare a meno 25 gradi sotto lo zero, ma al momento non è possibile stabilire se, e perché, sia stato eventualmente attivato. I 39 potrebbero essere deceduti anche di stenti, o per mancanza d’aria. Le indagini cercheranno, nel tempo, di sciogliere anche questo interrogativo.

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Il Regno Unito non è abituato a contare i morti dell’immigrazione irregolare, come altri Paesi. L’unico grave precedente risale al 2000 quando, a giugno, la polizia scoprì in un camion sbarcato a Dover, a sud di Londra, i cadaveri di ben 58 persone, poi identificate come migranti irregolari cinesi. Anche in quell’occasione ci fu l’immediato arresto dell’autista, un uomo di nazionalità olandese. Ciò non significa che il problema non esista. A monte di una vicenda così «orrenda e straziante», sottolinea Steve Valdez-Symonds, direttore dell’ufficio britannico per i rifugiati di Amnesty International, «ci sono le attuali politiche immigratorie che non prevedono percorsi legali e sicuri per chi vuole raggiungere il Regno Unito, costringendo spesso a viaggi pericolosi e, come in questo caso, mortali». La sperimentazione di nuove rotte, come quella intrapresa dalla Bulgaria verso l’Essex, è del resto, a detta di molti, il risultato di un massiccio potenziamento dei controlli franco-britannici nei porti sulla Manica, a Dover e Calais, la 'classica' via dalla Francia al Regno Unito battuta per anni dai migranti.

La reazione alla tragedia del mondo politico locale è composta e misurata. «Sono inorridito» ha commentato il primo ministro Boris Johnson. Nel coro di voci che, fuori dal Regno Unito, si è sollevato a chiedere di non lasciare scivolare l’accaduto nell’indifferenza, c’è quella della Comunità di Sant’Egidio che ha lanciato «un appello alle istituzioni e ai Paesi europei perché prendano misure capaci di arginare il triste conteggio delle morti nei viaggi della speranza».

Nello stesso giorno del ritrovamento choc a Grays, in serata, ad appena 40 chilometri più a ovest, nel Kent, gli agenti di pubblica sicurezza hanno trovato nel retro di un veicolo in sosta sulla superstrada altri nove migranti irregolari. Loro, almeno, sono vivi.

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